martedì 13 maggio 2014

Per la buona politica


Un incoraggiamento dal Santo Padre
Tanta era l’ansia per incontrare Papa Francesco, e in un gruppo avevamo chiesto di poter partecipare alla Messa in Santa Marta. 
Trapelata la notizia, è stato commovente “l’assalto” per essere in molti e siamo diventati moltissimi, parlamentari, familiari e collaboratori, tant’è che il Santo Padre ci ha regalato la sua Santa Messa quotidiana trasferendosi in San Pietro. C’è stato stupore, manifestato alla fine della celebrazione, per la severità del volto del Papa, per la sua concentrazione e per la fugacità della sua presenza alla fine della Messa. Si è comportato come il suo solito; forse era esagerata l’aspettativa. I commenti, anche tramite i media, si sono appuntati soprattutto sull’omelia, quasi fosse stata intenzionalmente preparata per i parlamentari e, invece, come ogni giorno, il Papa si è concentrato sulle letture proprie della liturgia quotidiana ed ha proposto le sue riflessioni con la stessa franchezza con cui parla a Santa Marta quando incontra i suoi ospiti, i sacerdoti; i superiori generali degli Ordini o gli Ambasciatori. Non ci si doveva aspettare un evento. Era la preghiera del Papa con tutti noi. Ci ha abituati ad un volto intenso e quasi severo mentre prega e ad un sorriso dolcissimo quando fissa lo sguardo sulle persone, soprattutto sugli ultimi.
Certo il brano del vangelo era particolarmente forte, perché descrive la difficoltà di accettare la verità, quando non piace. I farisei, che non volevano accettare la realtà, che Gesù fosse il figlio di Dio, lo definivano stregone e attribuivano al potere di satana la cacciata dei demoni e gli atti miracolosi. C’erano anche alcuni che dicevano: “costui è il figlio di Dio, è un grande profeta!”. Queste modalità  ambivalenti di giudizio sono presenti nella società e anche in politica è diffuso il comportamento di raccontare ciascuno  solo la propria verità. A questo punto il Papa  ha ricordato che Gesù guarda il popolo e si commuove perché lo vede come “pecore senza pastore”.  Infatti i farisei avevano abbandonato il popolo e ponevano regole mentre essi si ritenevano immuni. E’ l’immagine dei sepolcri imbiancati; “avevano abbandonato il gregge”. E questa gente era peccatrice? Si, tutti siamo peccatori, tutti, tutti noi che siamo qui, siamo peccatori”. Tuttavia il Papa ha insistito nel richiamare che la misericordia di Dio è sempre pronta, non finisce mai, perché “il Signore non si stanca di perdonare”.
C’è stato, però, nel discorso un passaggio molto forte circa la corruzione e Papa Francesco su questo peccato davvero ha espresso tutta la sua forza di denuncia, perché dalla corruzione -ha affermato- “è tanto difficile tornare indietro. Il peccatore si, perché il Signore è misericordioso e ci aspetta tutti. Ma il corrotto è fissato nelle sue  cose”. 
Le espressioni citate suonano monito per ciascuno a confrontarsi nella propria coscienza; è evidente che quelle parole forti siano state accolte come un alto avvertimento. Il Papa ha chiesto a tutti di far valere “nella dialettica della libertà il Signore che ci ama tanto!”. Ha chiesto a tutti e a ciascuno se fossimo sulla strada buona o fossimo in pericolo di giustificarci, come i farisei, per scegliere strade diverse da quelle della Verità. L’impegno deve essere quello di guidare il popolo e non lasciarlo senza guida, di non essere “uomini di buone maniere, ma di cattive abitudini”. La corruzione in politica allontana il popolo ed è, anzi, in Italia un fenomeno che deriva dalla estraneità dello Stato. Infatti è uno dei peccati sociali più gravi: mina la fiducia nelle istituzioni, alimenta l’antipolitica, corrompe le relazioni umane ed economiche e allenta il senso morale.
Sono convinta che, nonostante il disappunto momentaneo, quasi fossimo rimproverati uno ad uno, sia rimasto nel cuore di tutti i presenti il messaggio di speranza che, soprattutto per i rappresentanti del popolo, è un viatico indispensabile nell’attività politica. (m.g)

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