domenica 15 settembre 2013

Incontri


1953 BELGIRATE 2013

La Base in Lombardia. 
Storia, testimonianze, eredità.
Sabato 28 Settembre 2013
 ore 15,30
BELGIRATE
 Hotel Villa Carlotta
Via Mazzini 121 Lungolago

Newsletter - settembre 2013


POVERA ITALIA
Ho avuto un sufficiente tempo feriale per godere la compagnia degli scritti delle donne e degli uomini politici che hanno costruito la nostra democrazia.
Stridente il paragone coi nostri giorni.
Mentre il governo, guidato con serietà e autorevolezza (anche internazionale) da Enrico Letta dimostra di essere attento alle difficoltà del Paese, i partiti delle "larghe intese" (ironia delle parole) non sono d'accordo praticamente su nulla di programmatico e, come molti hanno ricordato, hanno trascorso l'estate accapigliandosi come i polli del manzoniano Renzo. E c'e' pure un Renzi che, invece, tenta di spostare l'attenzione sul futuro immediato del PD e sul confronto congressuale. Anche del Congresso, tuttavia, si parla con espressioni e argomenti che hanno a che fare più con scontri personali che confronto di idee.
Mi chiedo perché Renzi dovrebbe costituire una minaccia per Letta e non invece un rafforzamento. E’ ora di smantellare la leggenda che fu Veltroni a far cadere Prodi. Non ricordiamo come era la sua compagine di governo? C’erano Ministri e sottosegretari che partecipavano a contestazioni di piazza contro le decisioni del proprio Consiglio dei Ministri.
Se il PD non sosterrà il Governo guidato da chi è stato suo vice segretario non potrà presentarsi “innocente” alle prossime elezioni.
Purtroppo temo che nella base del PD gli irriducibili preferiscano la fine delle larghe intese, perché l’antiberlusconismo ne obnubila l’orizzonte che annuncia un tremendo baratro per il Paese. Non solo si pagherebbe l’IMU (era un punto programmatico del PD che non è stato abbastanza rivendicato), ma non sarebbero convertiti i decreti che riguardano il finanziamento dei partiti, la riduzione dei parlamentari, l’abolizione delle provincie, il decreto sui beni culturali, il decreto sulla scuola e, soprattutto, l’indispensabile legge elettorale.
Non sfugge a nessuno, che sia in buona fede, che il Capo dello Stato non consentirà una nuova tornata elettorale con la legge attualmente vigente.
Di questi argomenti e di altri -cassa integrazione, esodati, super pensioni, ecc- gli Italiani vogliono sentire parlare e, in particolare, sentire la voce del PD. E’ il partito che si è intestato uno slogan che indica un importante programma: “Prima l’Italia!” Se si andasse alle elezioni senza che questo impegno venga onorato, si può ritenere che diminuisca l’antipolitica, il populismo e l’astensionismo?
Mi pare sia tempo di voltare pagina anche nel modo di comunicare la politica. Da troppo tempo consentiamo che vincano coloro che gridano di più, con ciò mascherando le reali intenzioni, che sono per lo smantellamento del sistema democratico. Abbiamo già avuto modo di riflettere sulla confusione creata ad arte fra i costi della politica e quelli della democrazia. Tra questi ora mi permetto di ricordare quelli morali: senza competenze e senza una vera passione civile si riduce la politica a pura carriera, a rappresentanza fittizia. Nell’attuale Parlamento siedono quei 101 che si sono nascosti nel negare il voto a Prodi; c’è un partito che esplicitamente si è presentato all’elettorato con l’intento di distruggere questo sistema; c’è chi per un mal inteso giovanilismo ha ritenuto che fosse utile indebolire di personalità di rilievo, anche internazionale, la nostra assemblea legislativa.
Dalla sua fondazione il PD si era impegnato a semplificare il numero dei gruppi parlamentari per indurre un bipolarismo che, lentamente, avrebbe condotto al bipartitismo. Non solo non è accaduto, ma partiti e gruppi parlamentari si sono moltiplicati. Allo stesso modo si puntava ad evitare eccessi correntizi nel partito, considerandoli letali per la buona politica, perché concentrano l’attenzione sulla personalizzazione della politica invece che sui programmi. Ed è accaduto il contrario.
Certamente il berlusconismo ha condizionato il metodo rendendo tutti i partiti inclini al leaderismo. Anche le primarie, cui all’inizio si era affidata la grande speranza che fossero utili a riscuotere interesse e partecipazione, hanno indotto un consolidamento delle correnti, che fanno riferimento ai candidati.
Il populismo è il prodotto di un plebiscito attorno ad un capo.
Confesso di essere una pentita, perché le primarie hanno avuto successo quando furono confermative come per Prodi e per Veltroni. Negli altri casi, è sotto gli occhi di tutti, che hanno creato divisioni nel partito, suscitando contrapposizioni e divisioni profonde e, qualche volta, premiando il candidato non PD. Mi chiedo, anche, se affidiamo alle primarie la scelta del segretario a cosa serve il congresso? Invece è tempo di ridare ai partiti il ruolo principe in democrazia, che è la selezione della classe dirigente e la proposta di una “visione” del futuro, con sguardo alto e lungo. Il Congresso deve “far sognare” un Paese, una società, un mondo, secondo ideali e principi che devono essere divulgati e sui quali fondare il ceto politico, il senso di appartenenza, l’amore per l’Italia e l’orgoglio di essere successori autentici dei protagonisti della Ricostruzione (con la maiuscola) che fecero risollevare il Paese dalle macerie materiali e morali.
Questo Parlamento è investito in questo momento, anche di un’altra enorme responsabilità, che riguarda la guerra e la pace. So per esperienza cosa significhi dover votare su questa materia e sono contenta che il governo italiano stia esprimendo un’azione politico-diplomatica resa credibile dal fatto che il nostro Paese ha molte migliaia di soldati già schierati in diversi teatri di crisi, che onorano il nostro impegno a favore della pace. Anche questo argomento deve essere tenuto in considerazione dal PDL che sta minacciando il Paese, col ricatto della crisi di governo se Berlusconi non ottiene tutela della sua “agibilità politica”.
E’ umanamente comprensibile che la posizione del Capo di un partito coinvolga emotivamente i propri seguaci e elettori, ma una maggiore conoscenza del passato avrebbe potuto dare suggerimenti ”istituzionalmente positivi”. Berlusconi, come altri leader nel passato, avrebbe potuto accettare l’affidamento ai servizi sociali, dimostrando di rispettare le leggi del proprio Paese senza rinunciare a guidare il partito e come sarebbe conveniente per un protagonista della vita politica italiana ormai da vent’anni.
Anche per altre circostanze ho sperimentato che la nuova generazione di politici conosce poco le vicende del passato, sia recente che remoto, che hanno reso la nostra democrazia sicura e stabile nonostante le molte vicende travagliate, che ha dovuto affrontare.
Dopo aver letto MIX, alcuni giovani mi hanno scritto di aver fatto ricerche via internet (è lo strumento giovanile per eccellenza) su argomenti che avevo citato e di cui non erano a conoscenza come, per esempio, il Codice di Camaldoli, le Idee ricostruttive della Democrazia Cristiana, il compromesso storico e il rapporto tra Berlinguer e Moro, ecc. Questi giovani segnalano come sia indispensabile la formazione storico-politica, insieme con qualche esperienza amministrativa, a partire dai propri territori, per appassionarsi e sacrificarsi per la “buona politica”, per il bene comune. (m.g.)

50 anni fa… I have a dream


Un sogno
realizzato?
I sogni in politica segnano 
la direzione di marcia.

Mariapia Garavaglia

Pensieri in viaggio - settembre 2013


Bene il Papa
Francesco ha trovato il linguaggio più comune e universale che unisce l’umanità: digiuno e preghiera. E pare che siano più forti delle armi.

Bravo Buffon
Prandelli lascerà nel 2014 dopo i Mondiali e tutti pensano già al successore: anche li! Buffon ha stigmatizzato: ”ansia intempestiva”.

Giù dal tetto
Inutile esibizionismo. I parlamentari 5 Stelle si facciano sentire in Parlamento.

Felicità
Grande sollievo e soddisfazione per la liberazione di Quirico. Aspettiamo con ansia quella di Padre Dall’Oglio.

Campanella
Un pensiero ai milioni di studenti italiani e stranieri che sono destinati a migliorare se stessi e la società, con la scuola che funzioni!

lunedì 2 settembre 2013

Donne protagoniste: 25 anni della Mulieris dignitatem


(pubblicato su “Avvenire” il 29 agosto 2013)

Era  il 15 agosto 1988 quando Giovanni Paolo II donò al mondo un omaggio speciale per le donne, la sua lettera apostolica, scritta in polacco, la Mulieris dignitatem. L'ha scritta nella sua lingua madre, quasi a voler essere più genuino, nel pensiero e nei sentimenti. E ci ha regalato una espressione intraducibile come "genio" femminile, che è la chiave di lettura del testo e delle intenzioni del Papa.
Nella Lettera ricorda le molteplici funzioni delle donne: nella famiglia e nei ruoli sociali e, nella conclusione, afferma che "la Chiesa ringrazia per tutte le manifestazioni del ‘genio’ femminile apparse nel corso della storia, in mezzo a tutti i popoli e Nazioni".
Chi è la donna oggi, nella società evoluta, la nostra?
Guardiamoci intorno. È protagonista di dolorosi fatti di cronaca. Gli atti di violenza si ripetono, eppure ci siamo dotati di norme contro lo stalking e il femminicidio (perfino un neologismo).
Registriamo in alcune professioni - scuola e sanità - una presenza prevalente di donne, anche se non raggiungono, con la medesima rilevanza, i ruoli di vertice.
Le donne hanno conquistato quote rosa in politica e nei consigli di amministrazione delle società per azioni. Sono il perno dell'organizzazione familiare. Come accade che diventino "oggetto" di possesso per molti assassini o di consumo per la pubblicità mediatica? Solo Avvenire denuncia anche l'intollerabile uso del corpo della donna per maternità surrogate! E pensare che ci fu un tempo in cui le femministe rivendicavano: "io sono mia!”. Se non si valorizza la dignità della donna, si scivola inesorabilmente verso la insignificanza di chi è più debole nella società.
Ci troviamo di fronte alla grande questione antropologica che tocca ogni scelta pubblica e privata, quando si capovolge la logica dei diritti, scambiandoli coi desideri o coi bisogni individuali. Si invocano norme che non si fondano nemmeno sul diritto naturale, così spesso illustrato da Benedetto XVI.
La Chiesa è stata spesso accusata di misoginia nel corso di secoli, ma alla sua origine c'è Uno che scandalizzava i suoi contemporanei: "si meravigliavano che stesse a discorrere con una donna" (Giov. 4, 27).
Paolo VI indirizzò La Lettera alle Donne a conclusione del Concilio.
Papa Francesco è già tornato più volte sullo speciale ruolo della donna nella società e all'Angelus dell'Assunta, ricordando il venticinquesimo anniversario della Mulieris Dignitatem, ha invitato a riflettere che "alla base di tutto c'è la Vergine Maria. Tutte le donne vi trovino se stesse e la pienezza della loro vocazione (...) in tutta la Chiesa si approfondisca e capisca di più il tanto grande e importante ruolo della donna".
Santo Padre, un Sinodo speciale per questo approfondimento?

Mariapia Garavaglia

#Donne #Femminicidio #Sinodo

De Gasperi e Dossetti. Due modelli di cattolicesimo politico per la democrazia italiana


(pubblicato su “Europa” il 21 agosto 2013)

A Pieve Tesino, paese natale di De Gasperi, domenica 18 agosto, Pierluigi Castagnetti ha tenuto la decima, magistrale, Lectio degasperiana, incentrata su due personalità che hanno fondato il nostro sistema costituzionale: De Gasperi e Dossetti.
Troppi giudizi approssimativi riguardano i loro rapporti: diversi per età, formazione culturale e per il destino che si sarebbero riservato, l'uno politico fino alla fine, e l'altro appagato, quando si è fatto sacerdote, risolvendo le inquietudini che lo avevano accompagnato durante la militanza.
Il metodo con cui si confrontavano, per raggiungere le soluzioni possibili, dovrebbe essere studiato e conosciuto dai politici attuali - soprattutto i più giovani - per registrare quanto, per servire il Paese, sia più importante "guardare alle prossime generazioni che alle prossime elezioni".
Castagnetti ha indagato i punti di maggiore dialettica: l'adesione al Patto Atlantico, il giudizio sulla crisi sociale, la concezione dell'economia.
Come è noto, De Gasperi non poté assicurare una presenza continuativa ai lavori dell'Assemblea Costituente a causa degli impegni di governo, ma Dossetti era comunque investito di piena rappresentanza della DC, e in autonomia; il risultato finale, però, soprattutto per quanto riguarda la prima parte della Costituzione, li trovò perfettamente convergenti. La loro radice spirituale non aveva avuto bisogno di verifiche.
Sui nodi politici, Dossetti si confrontava decisamente nelle sedi interne (direzione e consiglio nazionale della DC e nel gruppo parlamentare) ma in Aula non votava contro! Per lui il partito e gli eletti avevano la rappresentanza democratica sostanziale della sovranità popolare. Per De Gasperi la centralità si spostava sull'esecutivo; oggi, siamo ancora al medesimo dibattito.
Un elemento di grande rilievo, esemplare rispetto alle modalità con cui avviene il confronto ora, si ricava dalla corrispondenza fra i due. De Gasperi si rammaricava di non riuscire a comprendere fino in fondo "la molla" del sentire di Dossetti, il quale, a sua volta, anche contrastandolo, gli confessava "rispetto e riguardo". Una lezione di comportamento cui ispirarsi.
La lezione decisiva, che ci hanno lasciato, è la preparazione culturale, la formazione personale, la competenza e una decisa consapevole laicità, che teneva al riparo la Chiesa dalle scelte temporali della politica, ma che non li esimeva ma da una autentica testimonianza.
Alla costituente e nel confronto coi partiti portarono argomenti strutturati, una sistematicità metodologica e una grande chiarezza circa obiettivi finalità. Proprio come ora!
Con quale sistematicità sono state apportate le ormai 15 modificazioni alla nostra Carta Costituzionale? Anche Dossetti era dubbioso sulla seconda parte della Costituzione, ma aveva anche idee chiare su come migliorare una architettura tesa più a prevenire gli errori del recente passato, piuttosto che progettare un  moderno bilanciamento dei poteri.
Attuale è certamente lo sguardo europeo che caratterizzò entrambi e che Castagnetti ha lumeggiato, considerando il diverso approccio con cui affrontarono il complesso tema della alleanza atlantica. Dossetti avrebbe voluto un avvicinamento comunitario, attraverso una preparazione che coinvolgesse anche gli altri Stati europei, "per non essere sottomessi all'America". De Gasperi, avrebbe potuto convenirne, ma gli sembrava urgente e indispensabile mantenere l'Italia in una alleanza che non la isolasse. La Germania aveva il Partito comunista fuori dal Paese, in Italia era interno alle vicende nazionali.
Votarono insieme. Per De Gasperi, fino a pochi giorni prima della sua scomparsa, l'Europa unita non cessò di essere un obiettivo strategico, come per Dossetti, in funzione della pace. Morì col dolore della bocciatura della CED e oggi constatiamo quanto quel suo sogno fosse lungimirante. In tutte le crisi attuali, e in particolare quelle mediterranee, si sente la mancanza di più Europa, di quella Federazione che, da uomo di frontiera come Monnet, Shuman e Adenauer, aveva sognato e per la quale aveva speso la vita.
È il lascito per le nuove generazioni: costruire gli Stati Uniti d'Europa.

Mariapia Garavaglia

#DeGasperi #Dossetti #Castagnetti #PD