mercoledì 27 luglio 2016

MIX Newsletter / Agosto 2016 / Editoriale

DECORO uguale DIGNITA’

C'era una volta... che in agosto i media avevano poco da commentare. Ormai non sarà più così, perché il mondo è piccolo e viviamo tutti contemporaneamente, nel momento in cui avvengono, i fatti: quelli drammatici come quelli dei successi dell'umanità. 
C'era una volta... la "buona creanza". Ora l'espressione è desueta come la realtà che richiama. L'educazione personale e civile è decoro della persona, dell'ambiente e del linguaggio. Mi pare non abbia buona stampa essere decorosi. 
La recente campagna elettorale per le amministrative ha molto evocato la bruttezza delle città a causa - sì delle buche – ma soprattutto per la sporcizia. Le città non si sporcano da sole e quindi sono chiamati in causa sia i cittadini che i turisti. Costerebbe di meno la raccolta dei rifiuti e potrebbe essere organizzata meglio se le strade fossero mantenute pulite dalla buona educazione di tutti. 
Stupisce quando scende in strada una comunità coesa per rimediare i danni causati dai vandali durante le manifestazioni; non si capisce perché la stessa cura non venga mantenuta quotidianamente.
Negozianti e uffici pubblici, nonché le scuole, dovrebbero avere lo spazio antistante lindo per l’impegno del personale addetto e dei singoli. E dal momento che si fuma ormai solo in strada, non sarebbe difficile provvedere a installare contenitori per i mozziconi. 
I sindaci e gli assessori imparino a conoscere la città secondo i bisogni dei loro cittadini. 
Evitino la demagogia di non usare i mezzi di servizio: percorrano le strade e vedranno semafori in svincoli sbagliati, illuminazione carente, paline della segnaletica divelte o storte e deviate che impediscono di interpretare il messaggio, marciapiedi mai puliti di erba secca che può incendiarsi a causa di un mozzicone maleducatamente buttato... ecc. ecc.
Amare la città come la propria casa: è il nostro condominio (con tutte le difficoltà dei condomini!). 
Abbiamo in mente quanto poco sono pulite le bandiere che obbligatoriamente dovrebbero ‘decorare’ le facciate dove sono esposte? Basterebbe avere dei ricambi e sostituirle abitualmente, con cura, perché si tratta del decoro del simbolo più prezioso dell’unità nazionale. La bellezza non solo salverà il mondo, ma aiuta concretamente ad avere rispetto di sé e degli altri. Dove è pulito e dove c’è il bello sperabilmente ci si sente impegnati ad essere adeguatamente rispettosi. 
Nell’ambiente decoroso probabilmente si affinerebbe anche il linguaggio. Se si ascolta un discorso in strada, sui mezzi pubblici, obbligati a farlo dato il decibel della voce (soprattutto se è con un cellulare), sono pochissime le parole in buon italiano rispetto alle imprecazioni e alle parolacce. 
Recentemente Papa Francesco ha dedicato una particolare attenzione alle parole, perché ha detto che le parole uccidono; addirittura ha usato una espressione molto forte “il terrorismo delle parole”. E’ un richiamo per tutti ad usare parole adeguate, perché gli eccessi sia di gossip che di rancore possono condizionare le menti più fragili. 
Le esagerate e aggressive polemiche politiche rischiano di seminare vento per raccogliere tempesta. Se si seguono via televisione o streaming le sedute del Parlamento non si impara certo una retorica degna degli importanti argomenti e della solennità del luogo.
Non c’è maggiore autorità che il buon esempio.
Vale anche per l’abbigliamento, che davvero è indice di rispetto e di decoro per la propria persona e di riguardo del tempo e del luogo frequentato. Difficile pensare che si possa partecipare ad uno spettacolo alla Scala in bermuda.
In-decoroso è leggere o mandare messaggi quando qualcuno ci sta parlando. Pessimo è l’esempio che deriva dalle immagini in Parlamento. Accade perfino in chiesa! E’ decoro della propria dignità scegliere linguaggio, abbigliamento e postura secondo le necessità.
Sintetizza efficacemente il decoro e la dignità dell'essere cittadini (e non solo residenti) una famosa frase di J. F. Kennedy: “Non chiedete che cosa il vostro paese può fare per voi, ma cosa voi potete fare per il vostro paese” (20 gennaio 1961).

Ci manca la consapevolezza che ciò che è pubblico è di tutti, pagato con le tasse e realizzato col concorso di tutti. Non è di nessuno ma di ciascuno. E ciascuno è responsabile di tutti di fronte a tutti. Mi sono posta il quesito se queste riflessioni fossero solo moralismo, ma mi sono risposto che definiscono modi di stare in comunità, di valorizzare le relazioni, di vivere nella polis, cioè sono Politica! C'è modo e modo di intendere la politica. Mi piace pensare che la sua nobiltà si fondi sulla valorizzazione della dignità di ogni persona. (m.g.)

MIX Newsletter / Agosto 2016


Grazie

Tina Anselmi
Si è meritata il francobollo commemorativo per essere stata la prima donna ministro. Fu nominata Ministro del Lavoro del governo Andreotti, il 29 luglio 1978. Peccato che non fu nominata Senatore a vita. Al Parlamento servono esempi di chi ha onorato la funzione istituzionale. 

Pensieri in viaggio / Agosto 2016

Inaccettabile
Siccome fumo e alcol fanno male, il Parlamento aggiunge la cannabis. Per il suo uso terapeutico bastano le regole già esistenti per i rimedi farmacologici. La vendita legale non ha stroncato il fiorente contrabbando delle sigarette!

Emulazione
Grande responsabilità per tutti i media. Presentare l'orrore e la mostruosità della violenza senza rendere eroi i protagonisti. 

Meritocrazia? No, grazie!

Impensabile che si annullasse un concorso perché troppo difficile che, per altro, ha avuto una candidata vincitrice. Il governo nomini un commissario ad acta per validare il concorso! 

sabato 9 luglio 2016

MIX Newsletter

EXIT? VIVA L’EUROPA!


Confesso. Non guardo nessun talk show politico.
Non approfondiscono e piuttosto fanno spettacolo. La politica è troppo seria per essere ridotta a duelli di parole, spesso sovrapposte, e ad alti decibel. Mi spazientisco perché mi aspetto che ci siano delle risposte a questioni che perfino io saprei documentare e invece i dialoganti vanno per lucciole...
Di Europa si è, invece, discusso molto con esperti: la Brexit ha trovato quasi tutti impreparati al risultato. Quasi tutti! È interessante ascoltare i cittadini per conoscere che idea hanno di Europa. Convengo che sono utili i sondaggi, anche se quando si tratta di raccogliere preferenze politiche, ne abbiamo constatato la limitata veridicità. Al contrario sono illuminanti le telefonate degli ascoltatori alle trasmissioni radiofoniche. Anche quando il conduttore è particolarmente chiaro e preparato non sempre riesce a 'smontare' l'idea che l'ascoltatore si è prefisso di comunicare. Queste telefonate per quanto riguarda l' Europa sono interessanti.
Ma vale anche per tutti gli altri argomenti.
I politici dovrebbero ascoltare. A fronte di chi ha colto lo stacco storico della Brexit, i più non temono l'effetto domino: tanto ci sarà sempre l'Europa!
Certamente, ma quale? Il continente che chiamiamo "vecchio", solo espressione geografica? Il mito di Europa, prima rapita, a causa della sua bellezza, da Zeus, il re degli dei, trasferitasi poi in Grecia ha delineato i caratteri identificativi di una civiltà che può essere riassunta nella imprecisa radice etimologica: europé, come “ben irrigata”; oppure europos, come “ampio sguardo”.
Destinata, comunque, a cose feconde e lungimiranti.
Non è così che gli euroscettici o gli avversari dell'euro interpretano la nostra vocazione, il destino di un continente che è il più ricco del globo in termini economici e di cultura.
Coi suoi 550 milioni di abitanti è in grado di affrontare le migrazioni di popoli che anelano alla sua accoglienza.
Eppure queste caratteristiche non sono quasi mai esaltate e valorizzate. Si ricordano i 'compiti a casa’, le regole sui prodotti, la invadenza burocratica...
A chi tocca evitare che sia percepita solo così? In 60 anni i governi hanno preferito 'temporeggiare' nel cammino verso un grande, potente, democratico Stato Federale. I nazionalismi e i populismi sono figli di politiche 'euroscettiche' di governi europeisti.
Si incominciò col bocciare la Comunità Europea di Difesa (CED) e si è giunti a tollerare i muri, eretti da Paesi che della UE hanno voluto condividere il mercato unico e non i suoi principi, alle radici della Unione.
Dopo due guerre sanguinose i padri fondatori hanno cercato di inverare un sogno: mai più guerre fra Paesi fratelli, mantenere la pace e la democrazia: su queste fondamenta creare sviluppo.
De Gasperi, in una conferenza a Parigi, dal titolo “La nostra patria Europa”, il 21 aprile 1954, si esprimeva così: "È volontà politica unitaria che deve prevalere. È l'imperativo categorico che bisogna fare l'Europa per assicurare la nostra pace, il nostro progresso e la nostra giustizia sociale che deve anzitutto servirci da guida... Tutta la nostra costruzione politico-sociale presuppone un regime di moralità internazionale. I popoli che si uniscono devono elevarsi anche a un più fecondo senso di giustizia verso i deboli e i perseguitati. Lo sforzo di mediazione e di equità che è compito necessario della Autorità europea le darà un nimbo di dignità arbitrale che si irradierà e ravviverà le speranze di tutti i popoli liberi".
Ed è stato così! Fuori dai nostri confini le guerre invece hanno continuato a minare sviluppo e democrazia; sempre le divisioni sfociano in conflitti. La ex Jugoslavia è storia di un ventennio fa; i confini della Crimea hanno infiammato le ex repubbliche sovietiche, ecc.
Un altro padre fondatore, Robert Schuman, in una dichiarazione del 9 maggio 1950, vedeva lontano: "La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano. Il contributo che una Europa organizzata e vitale può apportare alla civiltà è indispensabile per il mantenimento di relazioni pacifiche... L'Europa non potrà farsi in una sola volta… essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto... La solidarietà di produzione, aperta a tutti i Paesi che vorranno aderirvi getterà le fondamenta reali della loro unificazione economica. Questa produzione sarà offerta al mondo intero senza distinzione né esclusione per contribuire al rialzo del livello di vita e al progresso delle opere di pace".
Il Regno Unito non ha colto questi caratteri della Unione europea; stava con un piede nel mercato unico, mantenendo la sua moneta e ottenendo di volta in volta delle deroghe o delle speciali clausole che non hanno impedito di causarne l’exit.
Dal “no! no! no!” ripetuto per tre volte e con vigore da Margaret Thatcher per non accettare l'Euro siamo giunti al no ripetuto dal popolo inglese. In realtà il voto ha diviso la Gran Bretagna per censo, territorio, anagrafe. Ovviamente il responso delle urne deve essere sempre rispettato da chi crede e vuole rafforzare i sistemi democratici, tuttavia i 'pentimenti' del giorno dopo devono far riflettere su come si impostano le campagne elettorali e in particolare quelle referendarie.
Esse conducono ad una sentenza secca ed è facile manipolarla con mancanza di informazione chiara, corretta, dialetticamente onesta nel presentare le conseguenze delle scelte alternative.
Ora i governi dei "27" si sveglino. Ci sono motivi di urgenza economici, di sicurezza, e politici. Di tanto in tanto qualcuno invoca un ministro europeo - del tesoro, delle finanze - perché abbiamo una moneta unica, ma i ministri dovrebbero essere espressione di un governo. L'Alto rappresentate di Politica estera non è un ministro e fatica a rappresentare le diverse politiche estere nazionali! Abbiamo allargato prima di avere un nucleo già divenuto Stati Uniti di Europa. Di solito le federazioni si sono formate per successive aggregazioni (quando, in passato, non per annessioni o per acquisto!).
Un'Europa non coesa nelle politiche unitarie ha creato problemi di non poco conto sugli scacchieri delle crisi più difficili (Libia, Siria).
Ci sono molti motivi per diffondere 'voglia di Europa'; si pensi a cosa sarebbe la nostra liretta nei confronti delle monete forti; a come ci difenderemmo in un mercato globale dove i concorrenti sono Cina, Usa, Russia.
Tra le realtà più angosciose che impediscono un sereno sguardo sul futuro è certamente il terrorismo internazionale che esige coerenza e compattezza di intenti e di operazioni a livello sovranazionale, con un preciso impegno della Unione europea, senza le diversificazioni malauguratamente registrate nelle precedenti crisi citate.
Dacca è l’ultima e dolorosa tappa di una scia che non si sa quando approderà alla soluzione. La cultura europea ha in sé capacità interpretative storiche e geopolitiche che devono essere messe in campo nella solidarietà internazionale.
I nostri euroscettici, che stanno attivando la campagna referendaria contro le riforme istituzionali per far cadere il governo Renzi e propagandare l'Italexit, non imbroglino i cittadini italiani.
Per il futuro delle nuove generazioni c'è bisogno di una grande Europa unita, che sa garantire i suoi cittadini di fronte a sfide che non abbiamo ancora idea – oggi - di quali dimensioni e complessità possano essere, in questo nostro mondo divenuto 'più stretto'.
In occasione della firma dei trattati a Roma, il 27 marzo 1957, Adenauer lucidamente affermava: "È con grande ardore e fiducia che vogliamo affrontare i nostri compiti. Conosciamo quanto sia grave la nostra situazione che può trovare rimedio soltanto nella unificazione dell' Europa ... Tutti gli Stati europei sono liberi di aderirvi ... Il nostro compito è di collaborare con tutti onde promuovere il progresso nella pace... Unendosi oggi, l'Europa non serve soltanto i suoi propri interessi e quelli degli Stati che sono in essa compresi, essa serve anche il mondo intero".
A questo siamo chiamati oggi più di ieri e con maggior consapevolezza. (m.g.)

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EXIT? VIVA L’EUROPA!


Confesso. Non guardo nessun talk show politico.
Non approfondiscono e piuttosto fanno spettacolo. La politica è troppo seria per essere ridotta a duelli di parole, spesso sovrapposte, e ad alti decibel. Mi spazientisco perché mi aspetto che ci siano delle risposte a questioni che perfino io saprei documentare e invece i dialoganti vanno per lucciole...
Di Europa si è, invece, discusso molto con esperti: la Brexit ha trovato quasi tutti impreparati al risultato. Quasi tutti! È interessante ascoltare i cittadini per conoscere che idea hanno di Europa. Convengo che sono utili i sondaggi, anche se quando si tratta di raccogliere preferenze politiche, ne abbiamo constatato la limitata veridicità. Al contrario sono illuminanti le telefonate degli ascoltatori alle trasmissioni radiofoniche. Anche quando il conduttore è particolarmente chiaro e preparato non sempre riesce a 'smontare' l'idea che l'ascoltatore si è prefisso di comunicare. Queste telefonate per quanto riguarda l' Europa sono interessanti.
Ma vale anche per tutti gli altri argomenti.
I politici dovrebbero ascoltare. A fronte di chi ha colto lo stacco storico della Brexit, i più non temono l'effetto domino: tanto ci sarà sempre l'Europa!
Certamente, ma quale? Il continente che chiamiamo "vecchio", solo espressione geografica? Il mito di Europa, prima rapita, a causa della sua bellezza, da Zeus, il re degli dei, trasferitasi poi in Grecia ha delineato i caratteri identificativi di una civiltà che può essere riassunta nella imprecisa radice etimologica: europé, come “ben irrigata”; oppure europos, come “ampio sguardo”.
Destinata, comunque, a cose feconde e lungimiranti.
Non è così che gli euroscettici o gli avversari dell'euro interpretano la nostra vocazione, il destino di un continente che è il più ricco del globo in termini economici e di cultura.
Coi suoi 550 milioni di abitanti è in grado di affrontare le migrazioni di popoli che anelano alla sua accoglienza.
Eppure queste caratteristiche non sono quasi mai esaltate e valorizzate. Si ricordano i 'compiti a casa’, le regole sui prodotti, la invadenza burocratica...
A chi tocca evitare che sia percepita solo così? In 60 anni i governi hanno preferito 'temporeggiare' nel cammino verso un grande, potente, democratico Stato Federale. I nazionalismi e i populismi sono figli di politiche 'euroscettiche' di governi europeisti.
Si incominciò col bocciare la Comunità Europea di Difesa (CED) e si è giunti a tollerare i muri, eretti da Paesi che della UE hanno voluto condividere il mercato unico e non i suoi principi, alle radici della Unione.
Dopo due guerre sanguinose i padri fondatori hanno cercato di inverare un sogno: mai più guerre fra Paesi fratelli, mantenere la pace e la democrazia: su queste fondamenta creare sviluppo.
De Gasperi, in una conferenza a Parigi, dal titolo “La nostra patria Europa”, il 21 aprile 1954, si esprimeva così: "È volontà politica unitaria che deve prevalere. È l'imperativo categorico che bisogna fare l'Europa per assicurare la nostra pace, il nostro progresso e la nostra giustizia sociale che deve anzitutto servirci da guida... Tutta la nostra costruzione politico-sociale presuppone un regime di moralità internazionale. I popoli che si uniscono devono elevarsi anche a un più fecondo senso di giustizia verso i deboli e i perseguitati. Lo sforzo di mediazione e di equità che è compito necessario della Autorità europea le darà un nimbo di dignità arbitrale che si irradierà e ravviverà le speranze di tutti i popoli liberi".
Ed è stato così! Fuori dai nostri confini le guerre invece hanno continuato a minare sviluppo e democrazia; sempre le divisioni sfociano in conflitti. La ex Jugoslavia è storia di un ventennio fa; i confini della Crimea hanno infiammato le ex repubbliche sovietiche, ecc.
Un altro padre fondatore, Robert Schuman, in una dichiarazione del 9 maggio 1950, vedeva lontano: "La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano. Il contributo che una Europa organizzata e vitale può apportare alla civiltà è indispensabile per il mantenimento di relazioni pacifiche... L'Europa non potrà farsi in una sola volta… essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto... La solidarietà di produzione, aperta a tutti i Paesi che vorranno aderirvi getterà le fondamenta reali della loro unificazione economica. Questa produzione sarà offerta al mondo intero senza distinzione né esclusione per contribuire al rialzo del livello di vita e al progresso delle opere di pace".
Il Regno Unito non ha colto questi caratteri della Unione europea; stava con un piede nel mercato unico, mantenendo la sua moneta e ottenendo di volta in volta delle deroghe o delle speciali clausole che non hanno impedito di causarne l’exit.
Dal “no! no! no!” ripetuto per tre volte e con vigore da Margaret Thatcher per non accettare l'Euro siamo giunti al no ripetuto dal popolo inglese. In realtà il voto ha diviso la Gran Bretagna per censo, territorio, anagrafe. Ovviamente il responso delle urne deve essere sempre rispettato da chi crede e vuole rafforzare i sistemi democratici, tuttavia i 'pentimenti' del giorno dopo devono far riflettere su come si impostano le campagne elettorali e in particolare quelle referendarie.
Esse conducono ad una sentenza secca ed è facile manipolarla con mancanza di informazione chiara, corretta, dialetticamente onesta nel presentare le conseguenze delle scelte alternative.
Ora i governi dei "27" si sveglino. Ci sono motivi di urgenza economici, di sicurezza, e politici. Di tanto in tanto qualcuno invoca un ministro europeo - del tesoro, delle finanze - perché abbiamo una moneta unica, ma i ministri dovrebbero essere espressione di un governo. L'Alto rappresentate di Politica estera non è un ministro e fatica a rappresentare le diverse politiche estere nazionali! Abbiamo allargato prima di avere un nucleo già divenuto Stati Uniti di Europa. Di solito le federazioni si sono formate per successive aggregazioni (quando, in passato, non per annessioni o per acquisto!).
Un'Europa non coesa nelle politiche unitarie ha creato problemi di non poco conto sugli scacchieri delle crisi più difficili (Libia, Siria).
Ci sono molti motivi per diffondere 'voglia di Europa'; si pensi a cosa sarebbe la nostra liretta nei confronti delle monete forti; a come ci difenderemmo in un mercato globale dove i concorrenti sono Cina, Usa, Russia.
Tra le realtà più angosciose che impediscono un sereno sguardo sul futuro è certamente il terrorismo internazionale che esige coerenza e compattezza di intenti e di operazioni a livello sovranazionale, con un preciso impegno della Unione europea, senza le diversificazioni malauguratamente registrate nelle precedenti crisi citate.
Dacca è l’ultima e dolorosa tappa di una scia che non si sa quando approderà alla soluzione. La cultura europea ha in sé capacità interpretative storiche e geopolitiche che devono essere messe in campo nella solidarietà internazionale.
I nostri euroscettici, che stanno attivando la campagna referendaria contro le riforme istituzionali per far cadere il governo Renzi e propagandare l'Italexit, non imbroglino i cittadini italiani.
Per il futuro delle nuove generazioni c'è bisogno di una grande Europa unita, che sa garantire i suoi cittadini di fronte a sfide che non abbiamo ancora idea – oggi - di quali dimensioni e complessità possano essere, in questo nostro mondo divenuto 'più stretto'.
In occasione della firma dei trattati a Roma, il 27 marzo 1957, Adenauer lucidamente affermava: "È con grande ardore e fiducia che vogliamo affrontare i nostri compiti. Conosciamo quanto sia grave la nostra situazione che può trovare rimedio soltanto nella unificazione dell' Europa ... Tutti gli Stati europei sono liberi di aderirvi ... Il nostro compito è di collaborare con tutti onde promuovere il progresso nella pace... Unendosi oggi, l'Europa non serve soltanto i suoi propri interessi e quelli degli Stati che sono in essa compresi, essa serve anche il mondo intero".
A questo siamo chiamati oggi più di ieri e con maggior consapevolezza. (m.g.)

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Pensieri in viaggio / Luglio 2016

Dis-Equitalia
Si usano SMS per pagare parcheggi, registrare i numeri dei contatori, saldare le bollette, controllare i conti correnti, ecc. ma Equitalia manda raccomandate che si devono ritirare in Posta o avvisi cartacei per recarsi all’albo pretorio dei municipi. A proposito di dematerializzazione e rispetto del tempo dei cittadini.

Abroghiamola

Ottima la norma che sanziona pesantemente il gettare per terra i mozziconi di sigarette. Mai visto un vigile dare una multa. Vedere per credere come sono le strade delle nostre città. Tra i sampietrini ci sono veri e propri portacicche. Meglio abrogare la norma che essere presi in giro.