martedì 20 settembre 2016

ADDIO PRESIDENTE

Diffusasi la notizia della morte del Presidente Ciampi, ho ricevuto moltissime telefonate, quasi come a una familiare. Il suo governo mostrò all'opinione pubblica una tal coesione, che tutti noi suoi ministri siamo stati beneficiari della ammirazione di cui godeva ed eravamo un po' tutti (anche le donne) "Ciampi boys". Le condoglianze esprimevano un rimpianto: che avessimo perso un amico, una guida, un esempio di cui si ha molto bisogno. 
La Repubblica ha perso un servitore, un suo 'cantore', che definiva la Costituzione la nostra Bibbia laica. Ho conosciuto da vicino l'umiltà, la coerenza e la generosa competenza nell'esercizio delle diverse funzioni esercitate. È stato un privilegio, oltre che un onore. essere stata ministro nel suo governo. 
La sua discreta Fede me l'ha fatto sentire partecipe in un momento di difficile relazione col Vicariato, in occasione della pubblicazione da parte del ministero della Sanità di un libretto rosa sulla salute delle donne.  
Ha sostenuto la mia draconiana riforma del Prontuario terapeutico perché, nonostante la necessità di risparmi anche in sanità, sempre attento ai bisogni dei più deboli, ha constatato che erano messi a disposizione più farmaci gratuiti per i bisogni veri ed esentate le malattie croniche e la pediatria. 
Ha amato, riamato, i giovani. Peccato che gli attuali aspiranti a carriere politiche non l'hanno conosciuto e non possano nemmeno ispirarsi al suo stile di gentiluomo, galantuomo. 
Il Governo Ciampi fu una fortuna  per il Paese in un tempo in cui la politica era afasica dopo il referendum Segni. Dopo mani pulite, dopo sanitopoli, farmacopoli un integerrimo tecnico fu chiamato a servire la Patria. Accettò l'incarico da Scalfaro esattamente per questo servizio. Lo aveva fatto da giovane quando, giovane ufficiale, l'8 settembre 1943 si trovò senza ordini su una spiaggia albanese (durante la crisi del Kossovo me la indicò) e seppe quale parte scegliere. E quando si associò a Giustizia e Libertà.  
Il suo fu il primo governo 'tecnico' della Repubblica presieduto da un Primo Ministro non parlamentare. Ma fu un governo politico, di alta qualità, di 'buona politica'. La spesa pubblica da risanare e ridare fiducia al Parlamento e al Paese erano le missioni... impossibili. 
Ma se si avesse la pazienza, l'umiltà e l'interesse a leggere gli atti deliberativi di quel breve governo (28 aprile 1992- 10 maggio 1994) si rimarrebbe sbalorditi. Non sono mancate giornate tremende come l'attacco allo Stato da parte della mafia la notte del 27 luglio 1993. Il Presidente confessò di aver temuto un colpo di Stato. Amore per l'Italia tutta intera, tant'è che fissò il G8 a Napoli, sorprendendoci tutti in consiglio dei Ministri quando lo comunicò: con un sincero atto di fiducia e di affetto per il Sud attraverso Napoli.   
Presidente di tutti! Gli Italiani lo hanno capito e amato. 
Il recupero del rispetto per il tricolore e la ripresa della parata del 2 giugno furono un atto d'amore per una Patria che 'rinacque' con i sacrifici di tanti. Fermo e disponibile, mite e determinato, colto e capace di parlare agli ultimi. Ho ricordi personali che devono rimanere sepolti nel cuore ma che mi fanno rimpiangere di non poter raccontare un uomo esemplare in tutto, anche in un rapporto paterno coi suoi ministri. 
Qualche volta ci vedevamo a cena - i compagni di banco - e risultava evidente quale era il collante che ci rendeva compatti e amici. Nessun protagonismo - lui per primo - per cui alla fine del Consiglio dei Ministri veniva emesso il comunicato ufficiale e non tante meschine dichiarazioni di auto visibilità. Un ministro aveva l'abitudine dichiaratoria e con un delicato rimprovero gli ha tolto il gusto di continuare a distinguersi. 
Ero la più piccola - d'età - per cui quando era assente il Sottosegretario Maccanico assumevo il compito di fungere da segretario del Consiglio. 
All'inizio di ogni seduta ci illustrava quale fosse il grado di fiducia che, per quanto immateriale, era il volano dei mercati e della politica. I tecnici che aveva scelto come suoi ministri – alcuni amici da decenni - erano il corollario di una azione di governo decisa e precisa nelle finalità, metodo e risultati. In una delle cene  della Sua classe, al Torrino, ci spiegò come scelse i ministri: senza segnalazioni o raccomandazioni, ma in base agli obiettivi del suo mandato. 
Quale promozione per la classe! 
Da Azionista e patriota non poteva non essere un appassionato  cultore e 'cantore' di una patria più grande, l'Europa! Ormai, divenuto Cincinnato, ha risposto ancora a una chiamata di servizio al Paese, accettando l'incarico di Ministro del Tesoro nel governo Prodi, per consolidare con la moneta unica il cammino verso una politica europea unica!  
Nessuno che abbia visto e in qualche momento vissuto vicino al Presidente Ciampi può dimenticare quello straordinario sostegno che, mano nella mano, l'ha accompagnato anche nelle difficoltà create dalla politica: grazie Franca! 
Mi sembra che ogni parola che scrivo diminuisca i sentimenti che vorrei esprimere, ma mi è parso molto eloquente il tributo di gratitudine e di ammirazione che il Paese Gli ha tributato in questi giorni. 
Grazie Presidente. 

Mariapia


sabato 10 settembre 2016

MIX Newsletter / Editoriale / Settembre 2016

TRE BOMBE A OROLOGERIA:
RIFIUTI, IMMIGRATI, ANZIANI
E una già scoppiata: il terremoto

Baumann ci avverte che i leader vincono le elezioni aumentando le paure, cosicché rassicurano i cittadini promettendo protezione e sicurezza. Spostando l’attenzione sulle guerre, non si dedicano a risolvere le difficoltà quotidiane di chi, per esempio, giunto alla cassa di un market, lascia sul banco una bottiglia di latte perché non gli bastano i soldi…
Le difficoltà delle persone meno capienti non sono imputabili agli sbarchi degli immigrati o alla paura dei terroristi, quanto piuttosto a visioni miopi di chi guarda la punta del dito invece della luna: sono politiche di lungo respiro che rassicurano i cittadini. Manca la politica che ha una meta, conosce la strada e sa come percorrerla.
Cosa ci hanno proposto i TG in agosto? Le strade di Roma imbruttite di spazzatura (in altre estati era Napoli). Siamo il Paese che esporta spazzatura che arricchisce altri, perché per anni non è stato fatto niente. No a tutto: non a termovalorizzatori, no a rigassificatori… Not in my yard: non nel mio giardino! Ogni presidente di Regione, di Provincia, ogni Sindaco si oppone ad ogni infrastruttura di interesse generale per il contingente passeggero interesse elettorale.
Marcora, il mio maestro politico, orgoglioso sindaco di un piccolo comune, sosteneva che centrali, autostrade, e infrastrutture di interesse nazionale non dovessero essere sottoposte ai veti incrociati dei piccoli poteri locali! Del resto sarebbe stato facile copiare Brescia che, da oltre quarant’anni, ha un sistema di termovalorizzazione che garantisce energia alla città; oppure visitare Vienna o altre importanti città del nord per …imparare!
Nonostante la ottima legge contro lo spreco alimentare, è certezza condivisa che se non si corre ai ripari (corre!) saremo sommersi dai nostri rifiuti. Alla cultura e buona educazione dei cittadini per rispettare pienamente la differenziazione deve corrispondere una precisa scelta da parte delle Amministrazioni per gli interventi strutturali.
Nel 2043 in Italia gli ultrasessantacinquenni saranno il 33% della popolazione, cioè oltre 20.000.000; solo fra 25 anni! Secondo l’ISTAT la popolazione italiana resterà stabile e arriverà a 61 milioni nel 2065 con un picco di 63 milioni intorno al 2040.
L’anno scorso i morti sono stati 653.000, 54.000 più dell’anno precedente. Inoltre il 2015 è stato il quinto anno consecutivo di riduzione della fecondità, giunta a 1,35 figli per donna in età fertile, con una età media di 36,1 anni.
Non basterebbe nemmeno il saldo migratorio per compensare sia gli stranieri che se ne vanno, oltre ai 100.000 italiani espatriati, quasi tutti giovani e molti laureati. A spese nostre vanno ad aumentare il PIL di altri. Perciò vanno ripensati due enormi problemi: immigrazione e invecchiamento, “la trappola demografica italiana”.
Trascurando per ora la complessa questione pensionistica, osserviamo che in 25 anni i cittadini anziani passeranno da 13.400.000 a oltre 21.000.000; oltre la metà avrà più di 75 anni. E’ noto che la longevità può portare appresso malattie che si cronicizzano e richiedono lunghe cure, ma è vero anche che grazie alla diagnostica preventiva e alla prevenzione sanitaria e fisiologica la curva degli effetti patologici rimane contenuta e la maggior parte degli anziani vive prevalentemente sana. Tuttavia stiamo constatando che la spending review sta causando, con tagli alla spessa sanitaria, una preoccupante riduzione della prevenzione e delle cure collegate. A partire dalla crisi del 2008 la fascia di popolazione più povera ha rinunciato a cure e a terapie. Il rischio conseguente sarà l’aumento delle malattie invalidanti, lungo degenze, non autosufficienza. Se la popolazione in età non lavorativa aumenta si riducono le opportunità di crescita del PIL, bloccando le risorse per investimenti e per pagare le pensioni.
L’economia italiana deve fronteggiare una caduta del PIL per l’effetto della riduzione delle classi giovanili e dell’aumento dell’età media e dei pensionati.
Si ridurrà il gettito fiscale e le coorti che vanno in pensione non saranno sostitute da lavoratori con analoga professionalità, livello retributivo e capacità retributiva.
Il V Rapporto (2015) sull’assistenza agli anziani non autosufficienti rappresenta con molta efficacia la qualità e la quantità di servizi da programmare ed erogare: non può non costituire la base per riflessioni strategiche (a meno che ci si aspetti l’eutanasia senza nemmeno la indecente proposta di una legge).
Il Paese non può fare a meno di un urgente piano che non si limiti alle misure contingenti di breve periodo. Non è questo il modello d’azione per veri leader politici, veri statisti. E’ evidente che non potremo fare a meno degli immigrati (non solo noi, ma tutti i paesi di pari evoluzione demografica) ma non è pensabile non porre rimedio alla situazione attuale. Se non arriva lo Stato, si attiveranno i cittadini, esasperati dalle condizioni che creano gli immigrati, sia regolari che irregolari, perché percepiti come dannosi da ogni punto di vista e non accettati nel loro “far niente e avere assistenza”.
Ci vuole una Autorità’ nazionale per l’immigrazione che assuma tutte le deleghe, disperse fra le diverse istituzioni, per organizzare sull’intero territorio italiano la distribuzione quantitativa e la destinazione qualitativa delle persone. Penso ad una sorta di Servizio Civile - la copertura è assicurata dai fondi già erogati i per gli immigrati - per cui insieme agli Italiani, anche gli immigrati vengano inseriti in programmi di studio, di volontariato, di servizi alla comunità; imparano un mestiere, acquisiscono modelli di comportamento. Come sarebbe utile inserirli anche nelle forze di polizia! ecc.
Un quinto di immigrati, un terzo di anziani, secondo uno studio di Amedeo Levorato (Osservatore Coinvolto, 31 luglio 2016): non si può non correre ai ripari.
La sfida riguarda tutti, non solo le istituzioni. Occorre, intanto, parlare del fenomeno migratorio coi numeri alla mano e con le proiezioni sul futuro. Chi ne parla a sproposito si troverà sbugiardato dalla realtà ("la realtà è più forte dell’ idea” papa Francesco). Vale per lo Stato centrale, i poteri locali, le nostre comunità, superare le ricette confuse per fronteggiare radicalmente le questioni della immigrazione, dell’invecchiamento della popolazione, dei servizi alla persona col corollario dei problemi della disoccupazione e del debito.
La globalizzazione, anche senza cercarla, è già avvenuta ed ogni questione della convivenza civile va inquadrata in un contesto di vedute ampie e lontane.


Terremoti: bombe che sappiamo in quali luoghi del nostro bel Paese colpiranno. Come per la salute, la prevenzione viene sempre trascurata e il costo successivo è infinitamente più pesante, in vite umane. Gli Italiani si mobilitano con una generosità sorprendente e commovente a danni avvenuti. Serve la medesima determinazione nel pretendere e attuare tutte le misure necessarie, sia individuali che collettive. Un pensiero riconoscente va a Giuseppe Zamberletti, l'inventore della nostra strepitosa Protezione Civile. Diventa sempre più attenta anche l'informazione circa il modo di offrire l'aiuto "intelligente": non sovraffollare i luoghi del soccorso da parte di chi non ha specifiche competenze; donare quanto basta per le prime emergenze e poi invece offrire denaro, perché deve riprendere la vita anche dei commercianti, ecc. Abbiamo alle spalle esperienze di dopo terremoto di cui dobbiamo vergognarci e non ripetere più, ma anche, al contrario, l'esempio del Friuli: tutto dove era e come era, a cominciare dalle fabbriche, di disse. Ora, si è detto, a cominciare dalle scuole. Il Paese e il mondo - che ci guarda e aiuta - meritano di vedere in campo la migliore inventiva, creatività, capacità si sacrificio e di unità, che sono nel DNA degli Italiani. (m.g.) 

MIX Newsletter / Settembre 2016


Santa Madre Teresa

La piccola Matita di Dio
"Avremo un po’ di difficoltà nel chiamarla Santa Teresa: spontaneamente continueremo a dirle Madre Teresa", così il Papa Francesco alla canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta. L'ho incontrata per la prima volta a una manifestazione del Movimento per la Vita a Bergamo il 19 ottobre 1980. Altre volte con Mons. Camara o con i suoi derelitti. A Bergamo c'era l'on. Vittoria Quarenghi: mi sembra bello ricordarla. "I poveri hanno bisogno d'amore più che di elemosina" disse. Per lei il simbolo della fragilità e povertà estrema era il bambino non nato. Si sentiva una matita nelle mani di Dio o una goccia nell'oceano che sarebbe stato più povero senza anche quella piccola goccia. Ho una sua corona del rosario, fatta di semi dalla forma di goccia, lacrima o cuore: "sitio, ho sete" di giustizia, di amore. E' la sete che ha riconosciuto in tutti gli ultimi del mondo. (m.g.)  

Ettore Bernabei

GRAZIE
La scomparsa di Ettore Bernabei ha suscitato un consenso generale per come ha esercitato le sue funzioni pubbliche. La sua esemplarità dovrebbe ispirare gli attuali dirigenti delle nostre organizzazioni sia pubbliche che private. Competenza e onestà valorizzano le capacità di tutti e producono sviluppo per l'intero Paese. Bernabei non dovette mai rinunciare ad affermarsi con le sue idee politiche e la sua testimonianza cristiana e, in forza di queste virtù civili, ha potuto garantire rispetto della pluralità culturale e politica. Le infrastrutture - da quelle culturali a quelle economiche- che lo hanno visto responsabile, hanno ricostruito l'Italia e, con la Rai, anche un po' gli Italiani. Costruì autostrade, uffici postali, ospedali, acquedotti: modernizzò l'Italia. Le regole non lo hanno fermato "burocraticamente" perché le ha finalizzate al bene comune. Non lo intimorirono coloro che cercavano in tutti i modi di fermare la sua azione.

Occorrerebbe che le giovani generazioni, che si dedicano all'impegno pubblico, studiassero, almeno un pò, e cercassero di imitare, molto, tali predecessori. Più etica e meno estetica, soleva dire. E la sua fede lo rendeva fiducioso anche per l'avvenire del nostro Paese. Grazie a "un italiano per bene" che Domenico Arcuri, parafrasando Lincoln, ricorda così: "modellò uomini orgogliosi del posto in cui vivono in modo tale che il proprio paese sia orgoglioso di loro". (m.g.)

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Alzheimer: 
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