martedì 23 maggio 2017

MIX Newsletter / Maggio 2017 / Editoriale

CITTADINANZA 

Cittadino - civis romanus sum!- che orgoglio nella dichiarazione di Paolo di Tarso che davanti ad un tribunale ebreo ha rivendicato il diritto di essere giudicato a Roma, da cittadino romano. E Roma ha armato una nave per trasferirlo nella Capitale, coi costi che l'esercizio della autorità ha richiesto, perché non si applica la spending review se si deve esercitare una funzione istituzionale! 
Di quella tradizione giuridica siamo eredi eppure col coacervo di leggi e il diffuso populismo di certi politicanti e media sta svilendosi il concetto di cittadinanza e il ruolo stesso del cittadino, portatore di valori che costituiscono la base dei suoi diritti ed anche dei suoi doveri. 
A fronte di molte rivendicazioni da parte di cittadini - nel tempo si sono formate e istituzionalizzate  associazioni di tutela - non è diffusa la consapevolezza di un protagonismo attivo. Abbiamo alle spalle una stagione in cui la partecipazione era quasi idealizzata mentre oggi è contestazione, magari non violenta - perché ci fu anche quella stagione - ma qualunquista, populista che, invece di valorizzare la propria individualità, rende ogni cittadino un indistinto contestatore di tutto e di tutti. Il cittadino ‘anonimo’ rinuncia perfino alla sua identità: si adegua a sostituire il presepe solo con altri simboli, a togliere i crocifissi dalle pareti, ecc. In tal modo è riconoscibile solo la ‘cittadinanza’ altrui. 
È diffuso un innegabile 'malumore' sociale, anche giustificato da un certo punto di vista, ma coltivarlo significa solo dare potere ai capipopolo e a chi grida di più, perché ha più ragione. Tocca alla politica ricostruire un clima di fiducia e coltivare la speranza, perché senza questi ingredienti non esiste ‘cittadinanza attiva'. 
Eppure ci sono momenti ed esperienze che rincuorano - esemplari - ma spot: i milanesi che ripuliscono la città dopo lo sfascio procurato dai black blok; gli ambientalisti che puliscono spiagge e boschi; studenti che cancellano scritte e immagini dai muri delle loro scuole. Le città non si sporcano da sole: cicche di sigarette per strada; oggetti lanciati dai finestrini delle auto; bordi delle strade periferiche inondate di rifiuti ingombranti (fatta la fatica di caricarli, perché non portarli nei siti opportuni?); marciapiedi e parchi sporcati dai cani, senza che i loro padroni si preoccupino del diritto degli altri cittadini a camminare in luoghi puliti...  
La città è la nostra casa, non è territorio di nessuno. Alla sua manutenzione ordinaria siamo tenuti tutti (e in tal modo si risparmierebbero parte delle tasse comunali). Pulire fuori di casa rende più pregevole e prestigioso il luogo dove abitiamo. Rispettare le regole delle Aziende municipali dei rifiuti mantiene più decoroso l'ingresso della propria casa e degli uffici. Al bello e al pulito ci si deve allenare - e si deve educare - perché non basta affermare che la bellezza salverà il mondo!
Tocca alla politica ricostruire fiducia e speranza:  ingredienti perché in una società organizzata i cittadini si sentano considerati come fondamento di uno Stato ordinato. La politica approssimata, i politici incolti e qualche volta scorretti e corrotti, lanciano messaggi controproducenti che creano alibi nella base popolare: tutti uguali sarebbero i politici e come i politici possono comportarsi anche i cittadini: "fanno tutti così". 
Non c'è speranza di sviluppo per un Paese che abbia i cittadini che non si sentono considerati nei loro bisogni più acuti. Lo Stato deve servire i cittadini e non considerarli succubi: si utilizzi la burocrazia per semplificare la vita quotidiana e non per irritare gli utenti; ci si confronti senza rancore. I Partiti diano il buon esempio. Se gli elettori - cittadini  nella pienezza dei diritti - devono partecipare, si faccia una legge elettorale che dimostri di volere la loro rappresentanza vera ed efficace. Per risparmiare (?) si sono molto ridimensionati il numero dei consiglieri, per esempio, nei consigli comunali, ottenendo talvolta il risultato di non trovare candidati sufficienti. E l’astensionismo segnala due “diminutio” della cittadinanza: la rinuncia da parte dell’elettore alla dignità del suo voto e la responsabilità dei partiti a non coltivare la passione civile degli elettori. Urge porre rimedio. 
Risparmiare sulla democrazia significa spesso comprimerne il valore e l’efficacia. Si stimoli la lealtà fiscale, con norme facili e trasparenti, che consentano di sanzionare l'evasione e l'elusione. Non sarebbero cittadini - così bisogna censurarli! - coloro che approfittano dei benefici della società e non pagano! 
C'è molto da fare, dalla scuola ad ogni altra espressione della  organizzazione sociale. 
Importante è parlare chiaro. I cittadini francesi, in questi giorni, hanno scelto un Presidente giovane sì, ma preparatissimo: veste con rispetto delle istituzioni e dei cittadini (giacca e cravatta), non fa il gesto a V per la vittoria, non abusa dell'aggettivo 'storico', piuttosto richiama 'immensa' la responsabilità che lo attende.  Non ha rottamato ma recuperato tradizione e storia di un Paese che ha inventato i "citoyens", con liberté, égalité, fraternité. 
Non sarebbe una bella sfida recuperare l'orgoglio della cittadinanza?!  

“Questo Paese non si salverà, la stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera, se non nascerà un nuovo senso del dovere”. (Aldo Moro, assassinato il 9 maggio 1978). (m.g.)

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