venerdì 12 dicembre 2014

Pensieri in viaggio / Dicembre 2014

Presepi
È sbagliato evitare il presepio per non offendere gli islamici. Anzi: il rispetto reciproco esige di non far rinunciare a nessuno le proprie peculiarità culturali. Il dialogo è tra diversi, altrimenti è monologo. Rinunciare alle proprie tradizioni significa piuttosto limitare la propria libertà. L’integrazione avviene con la valorizzazione delle libertà.  

Auguri!


MIX Newsletter / Dicembre 2014

Coccodrilli


Non basta indignarsi. 
È tempo di reagire non solo con parole –anch’esse opportune- di condanna, ma di far seguire alle analisi proposte chiare e tempestivamente attuate. 
Se le leggi sono chiare e semplici, che non esigono ulteriori norme attuative, rinvii, deroghe, proroghe, non potranno mai essere conosciute e capite senza l’intervento di interpreti e di tecnici (con quello che ne deriva, in termini di costi e di tempi). Il cittadino deve poter leggere una norma dall’inizio alla fine, senza rimandi e in buon italiano. 
Le recenti astensioni dalle urne, sia per le Regioni che per le primarie, devono essere interpretate non sociologicamente, ma politicamente: se manca la politica in che cosa i cittadini devono riconoscersi? 
Il Mose, Expo e infine la Capitale, passando attraverso i rinvii a giudizio e i consiglieri regionali indagati, i rappresentanti ai diversi livelli elettivi -e di diverse parti politiche- hanno eliminato quasi del tutto la fiducia nelle istituzioni. Questo é gravissimo, perché sono l’unico baluardo per i diritti di tutti i cittadini; ne hanno bisogno soprattutto i più deboli e fragili economicamente, culturalmente e socialmente. 
Per le istituzioni bisogna essere pronti a dare la vita, invece che utilizzarle per propri interessi di carriera e di arricchimento illecito. Per me è stato un colpo terribile la vicenda di Roma e immagino il dolore di sindaci come Rutelli (l’enorme evento del Giubileo non ha creato nessun problema) e Veltroni. Chiamata dalla loro intesa ad essere vicesindaco per sostituire Enrico Gasbarra, divenuto presidente della Provincia, trovai molta opposizione ad essere rinominata vicesindaco nel secondo mandato di Veltroni. Lo chiamai per rassicurarlo che non avrei voluto fare il vicesindaco “a tutti i costi”. Risposta: “è proprio per questo che devi farlo!” 
Colpisce che siano alte e forti le proteste, mentre manca l’autocritica sia dei politici che dei cittadini. Infatti è possibile essere incorruttibili e non è vero che è solo questione di prezzo. È, invece, questione morale. 
La politica deve riconquistarsi credibilità e i cittadini devono scegliere persone dalla chiara reputazione umana per competenza e impegno (l’onestà è un prerequisito). Anch’essi devono coltivare le virtù civiche. 
Quanto successo deve far riflettere proprio in questi giorni in cui si affronta al Senato la riforma elettorale. Occorre utilizzare un semplice e facile criterio per simulare i risultati delle scelte che si compiono: valutare le conseguenze delle conseguenze. Le preferenze possono aiutare a scegliere la migliore classe dirigente? Non posso pensare alle primarie per la scelta del candidato alla presidenza della Repubblica. Il PD con un’assemblea unanime (?) aveva candidato Prodi e abbiamo visto come è andata. Le primarie possono continuare a discriminare in modo “correntizio” i concorrenti, invece che per le qualità esigite?  È evidente che per un congresso si presentino candidati caratterizzati da diverse tesi, ma per i vertici istituzionali non possono diversi candidati avere programmi che si differenziano rispetto alle linee di partito. 
Sono argomenti e materie che ora vanno indagati alla luce di quegli scandali che vorremmo non si ripetessero più. Piangere dopo, ci fa assomigliare anche troppo a quei poveri coccodrilli, che hanno una cattiva fama.  
Tocca ai partiti preparare classi dirigenti rispettabili attraverso un grande lavoro di studio sul territorio, nelle istituzioni. Se i partiti rinunciano a selezionare la classe dirigente, evaporano in nominalismi e slogan. La rete  è utile a divulgare e a lanciare sondaggi, ma niente supera la conoscenza diretta delle persone, guardarle negli occhi, averne confidenze sulle quotidianità liete e tristi. 
Purtroppo abbiamo la memoria corta: il Parlamento ha applaudito ripetutamente e fragorosamente molti dei passaggi più critici nei confronti delle inadempienze della politica che il presidente Napolitano ha espresso in occasione della sua rielezione. Quasi nessuna delle riforme invocate è stata ancora completata. E, tra l’altro, mi sembra irriguardoso che, dopo aver costretto il Presidente della Repubblica a chiarire con due comunicati il se e il come lascerà il Quirinale, si continui a parlarne come se si volesse fargli fretta… 
Qualcuno afferma ironicamente che con le riforme non si mangia; senza, però, lo Stato rimane bloccato in molte sue funzioni che si ripercuotono direttamente sulla vita quotidiana dei cittadini. 
Vogliamo provare a seguire come nasce una start up: quanta burocrazia, per non parlare degli investimenti previsti e quindi delle difficoltà di ottenere credito in banca? E se dopo il venerdì, ci sono sabato 6, domenica 7 e lunedì 8 dicembre, un cittadino, che abbia bisogno di un servizio pubblico, deve aspettare 4 giorni per ottenerlo?  
Il lavoro in quarant’anni è cambiato e negli ultimi mesi si è discusso solo di regole vecchie. 
L’evasione è l’ingiustizia peggiore, ma non si vedono attuate facili misure di contrasto: lo Stato non è forse in possesso di tutte le anagrafi e di tutti i dati che possono essere incrociati? Ma forse non ha ancora reso compatibili i linguaggi di tutte le sue funzioni amministrative… 
I fatti delle piazze violente e degli sgomberi devono suonare come un campanello d’allarme. Il Paese è disperato, sgomento, sfiduciato, ma in attesa di qualcosa di nuovo. Urge agire per evitare che si dia spazio ai fomentatori, perché il Paese ha già sperimentato che chi semina vento raccoglie tempesta. 
È bene che, chi ha proposte, risolva i problemi invece di crearli, perché tra la gente c’è molta paura e bisogna evitare che questa diventi rabbia. 
Non è accettabile che non esista una strategia per l’immigrazione e che si consenta una vera guerra tra poveri: gli immigrati -cui vogliamo riservare quanto la dignità umana esige- non possono sottrarre alloggi agli italiani aventi diritto. E gli immigrati non possono essere lasciati con le mani in mano nei luoghi di raccolta (spesso inadatti, se non per coloro che lucrano milioni), quando sarebbe possibile, con le loro diarie, garantire qualità di accoglienza, integrata con attività formative e di lavori socialmente utili tanto ai territori ospitanti che a loro stessi. 
Il governo Renzi ha rotto con un passato che rendeva lunga e paludosa la transizione e per questo tutte le forze politiche devono sentirsi impegnate -certo con le proprie visioni culturali- a rendere possibile un traguardo che gioverà a tutti. Chiunque, in futuro, avrà l’onere e l’onore di governare potrà giovarsi di un Paese normale. 
Serve che anche in Europa ci si comporti nello stesso modo: difendere il futuro di un grande sogno -gli Stati Uniti d’Europa- lavorando non per distruggere i risultati fin qui ottenuti, ma correggendo le distorsioni e applicandoci a tutto quello che può coltivare la speranza, anche nei cittadini. 
Intanto, davvero rifiutando che ci sia un primo della classe che dà ordini a tutti i colleghi. Piuttosto tutti i leader si sentano pari nell’individuare, a medio e lungo tempo, alcune priorità che renderanno i cittadini europei un popolo caratterizzato dalle loro diverse regionalità. Non sono le deficitarie politiche estere e di difesa, quanto piuttosto l’omogeneità fiscale che rende uguali i cittadini. Non stupisce che una grande azienda italiana -la nuova Fiat- abbia portato la sede fiscale ad Amsterdam? E perché avviene molta delocalizzazione impropria?  
Mentre le divisioni sociali creano rivolte contro le istituzioni, la solidarietà sociale rende migliore il Paese (e il mondo). 
Infatti è stato detto “bonum est diffusivum sui”: se si diffonde e si trasmette il bene, tutto migliora. (m.g.)