martedì 19 marzo 2013

MIX Newsletter / Marzo (3)


PRIMA IL PAESE

Dopo una campagna elettorale che alla fine si è rivelata complessa, abbiamo ottenuto quel risultato che ha fatto ammettere a Bersani che siamo arrivati primi, ma non abbiamo vinto. Le giornate e le parole che ci distanziano dal 25 febbraio, nella loro concitazione e con qualche contraddittorietà, hanno chiesto al PD di non dimenticare gli obiettivi indicati al Paese e cioè che prima dei nostri interessi sarebbe stata sempre L’ITALIA GIUSTA.
Con questo convincimento Bersani è riuscito a scegliere i Presidenti di Camera e Senato dimostrando che sono prioritari gli interessi del Paese.
Boldrini e Grasso ci hanno fatto respirare aria nuova ma ora occorre non cadere nel nuovismo.
Il populismo facilmente si ammanta di nuovismo ma, come tutti, gli ismi non portano granché di buono. I risultati elettorali, non del tutto inattesi, sono stati però un campanello d’allarme che non sarà fatto tacere (usiamo una metafora) annacquando profilo, contenuti e programmi dei partiti (quelli veri!). E’ noto che la fiducia nei partiti è al minimo nell’opinione pubblica, ma ricordo al riguardo che nel rapporto BES 2013 si registra che solo il 20% di chi ha 14 anni e più ritiene di poter riporre fiducia nella gente e il dato è in calo rispetto al 2010 (21,7%) e di oltre 10 punti percentuali inferiore alla media OCSE (33%). In particolare l’Italia mostra una fiducia molto inferiore rispetto ad altri paesi quali la Danimarca e la Finlandia, dove la quota raggiunge il 60%, ma anche rispetto alla Germania e alla Gran Bretagna, dove supera il 31%. Secondo quel rapporto presentato dall’ISTAT, gli uomini sono mediamente più fiduciosi delle donne, e tra gli ultra settantacinquenni il livello scende al 14%. Questi dati, che il presidente Giovannini offre alla riflessione e al dibattito generale, sono per molti aspetti drammatici perché dimostrano quanta solitudine, angoscia dolore sono vissuti da chi avrebbe bisogno di sentirsi inserito in una società che offra contributi per migliorare la collettività. Le vere riforme, insomma, devono offrire serenità e aumentare la fiducia.
I partiti -per quello che mi riguarda il PD più di altri- a questi dati devono guardare per precisare il proprio profilo e indicare all’opinione pubblica la loro tabella di marcia. E’ un’operazione quanto più possibile lontana da populismi e nuovismi e certamente non di breve corso e di poca lena.
Il Parlamento attuale e il Governo futuro dovranno lavorare avendo la preoccupazione di presentare al Paese la serietà, la trasparenza, la produttività efficace delle norme, attraverso competenza e merito. Il PD ha un’agenda chiara e Bersani propone anche una tempistica. Certamente una legge sui partiti e la nuova legge elettorale sono priorità: non accrescono le occasioni di lavoro (che è la priorità delle priorità), ma rassicurano gli Italiani sugli strumenti di rappresentanza della politica. Il PD ha tentato anche con le parlamentarie di supplire alle deficienze della legge elettorale attuale, ma la modalità organizzativa non ha prodotto i risultati sperati; più che il vasto elettorato è stata la struttura di partito a determinare i risultati.
L’elezione dei due Presidenti indica un metodo: scegliere competenza e credibilità. Il PD ha una occasione immediata per ottenere la fiducia nel Paese anche se è più difficile ottenerla in Parlamento. Un governo di programma è lo strumento per parlare al Paese oltre che alle forze politiche.
Bersani potrà presentare i contenuti insieme alle persone competenti e farsi giudicare su questo.
Quello che non è coerente e idoneo per “rifare la faccia” ai partiti è ignorare se non addirittura delegittimare l’impegno politico. Scelta Civica e il Movimento 5Stelle hanno preferito imboccare questa strada, ma la politica non si risana inducendo il giudizio che essa non serve e che chi milita con merito e competenza nei partiti è meno degno di chi non ha alcuna esperienza.
Sono diventati di moda i comportamenti austeri e semplici (Papa Francesco docet), ma ci fu un tempo e ci furono uomini e donne che all’austerità e al rigore della vita pubblica fecero corrispondere quella privata. Per non citare gli esempi più recenti, ricordo De Gasperi che non retribuiva come segretaria la figlia Maria Romana, perché -diceva- che non si dovevano far gravare due stipendi (il proprio e quello della figlia) sullo Stato.
Ci sono ancora politici così ed è bene che l’opinione pubblica lo sappia e li conosca. Il Paese riprenderà fiducia se saranno proposti buoni esempi; non si tratta di moralismo, ma di sana concezione della buona politica. (m.g.)

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