martedì 5 marzo 2013

MIX Newsletter / Marzo 2013 (2)

E' il tempo delle responsabilità


Sondaggisti di varia estrazione, analisti di professione, politologi illuminati avevano prefigurato un diverso risultato elettorale. Ma il Paese è andato altrove, in altra direzione lasciando nello sconcerto e nello stupore anche chi è riuscito a realizzare una buona affermazione. Il Paese ha utilizzato, magari emotivamente, l’arma di cui è soggetto attivo per dare un ultimo avviso a naviganti considerati impropri, comunque inadeguati. Un messaggio che interpella tutti con forza e determinazione, per scuotere quanti insistono con vecchi e ormai logore categorie che non si adattano più ai tempi che viviamo. Non abbiamo capito troppe cose. Chiusi in rituali vecchi non abbiamo saputo leggere e interpretare quanto accadeva intorno a noi, sottovalutando la rabbia, il malessere, lo scontento e la sfiducia che pure si manifestavano giorno dopo giorno. Il martellamento mediatico e diffuso sui costi della politica, sulla mancata riforma di una legge elettorale indegna, sugli scandali nella pubblica amministrazione vissuti con offensiva disinvoltura dai soggetti responsabili, e poi, la crisi, la grande crisi che non risparmia nessuno tranne i soliti “noti”, hanno creato tutti i presupposti per un voto di protesta mai espresso in forme così acute nel corso della storia repubblicana.

Un segno che i cittadini non si sentissero più rappresentati e interpretati dai partiti tradizionali è emerso con chiarezza anche attraverso la formazione di tanti movimenti con i quali non si è riuscito a creare un contatto, un dialogo. Anche i partiti di sinistra, spesso sospettosi dei movimenti, si sono chiusi in se stessi; mai si sono sforzati di capire chi fossero, cosa volessero, in quale direzione volessero andare. Liquidati spesso con disinvolta supponenza,come espressione di populismo, si è consentito che Grillo e altri diventassero gli interpreti del malumore e i rappresentanti del potenziale di rabbia e sfiducia presenti nella società. Dalla rete alla piazza una forza aggregativa straordinaria ha prodotto il risultato, il disastro che è sotto gli occhi di tutti, perché la situazione di rischio per il Paese, della nostra immagine internazionale, per tutti i problemi irrisolti che incombono, pesano come un macigno.
E così oggi, ancora un volta, tocca a noi, al PD, la responsabilità di indicare una via di uscita dallo stallo in cui ci troviamo. Un PD all’altezza di una grande, irrinunciabile sfida. Una sfida che coinvolge tutti, all’interno e all’esterno del partito, perché si tratta di saper declinare contenuti e metodologie nuove, di saper disegnare proposte credibili in grado di sollecitare attenzione e adesione, almeno della parte più responsabile del nuovo Parlamento. Un PD insomma capace di riscoprire l’energia, l’impegno, la fantasia che avevano animato l’iniziativa delle primarie che tante speranze aveva acceso nel paese accompagnate -così ci è sembrato- da rinnovata fiducia e consenso tanto da dare per scontata la vittoria elettorale.
Forse non abbiamo saputo gestire in maniera adeguata quel grande momento politico quasi che con le primarie la partita fosse stata giocata e vinta mentre, la vera prova, era ancora tutta intera davanti a noi, in una salita accidentata e difficile e così l’interesse e la disponibilità a guardare al PD si sono gradualmente indebolite, l’entusiasmo affievolito, fino al grande consenso negato che ci ha portato al risultato del 25 febbraio. Eppure, nonostante tutto, la palla torna noi per una partita tutta da giocare perché ha ragione Bersani “siamo i primi ma non siamo vincitori”. E a parte il boom di Grillo nessuno è vincitore: siamo tutti dei vinti rispetto allo scenario drammatico del Paese. I dati Istat pubblicati in questi giorni, danno il segno tangibile della drammaticità del momento con un Pil che crolla a meno 2,4%, una pressione fiscale e un disoccupazione record, ai massimi degli ultimi venti anni. E in tutto ciò il dato più preoccupante, anche per la tenuta democratica del Paese, tre milioni di
persone che cercano un lavoro che non c’è e una disoccupazione giovanile che ha toccato addirittura il 38,7% con punte ancor più alte nel sud del Paese.
Costruire un agenda di governo a fronte di questi dati allarmanti certo non è cosa facile ma è possibile se partiti, sindacato, soggetti aggregativi del Paese riescono a uscire dall’interesse di parte e tirar fuori, palesemente, senza tatticismi inutili, atti di responsabilità.
Perché questo è il tempo della responsabilità se non vogliamo ritrovarci sull’orlo del baratro mettendo a rischio tutto, ma proprio tutto.
Nella stretta interdipendenza europea e mondiale delle politiche nazionali, oggi lo sguardo è rivolto al nostro Paese con preoccupazione e, insieme, speranza.
Ce la faremo? Sarà in grado il PD di svolgere, per la sua parte, un ruolo tanto importante? E le altre forze politiche? E gli altri soggetti sopraindicati? Le difficoltà sono enormi e nessuno può nasconderle, ma il tema della responsabilità collettiva torna con forza e insistenza.
Sia di guida per noi, per tutti, il forte richiamo di Napolitano, (un presidente della provvidenza direbbero i credenti) cui non ci stanchiamo di dire il nostro grazie e il nostro sostegno al suo alto magistero civile, istituzionale, umano.
Perciò voglio concludere queste mie riflessioni con le sue parole: “mi permetto di raccomandare a qualsiasi soggetto politico, misura,realismo, senso di responsabilità”. (m.g.)

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