mercoledì 22 novembre 2017

MIX Newsletter / Novembre 2017 / Editoriale

GUARDARE

Guardare in alto e lontano è politica. 
Guardare la punta del naso e delle scarpe è populismo.


La politica che non guarda: non vede, non osserva, non analizza, si trova sopravanzata dagli eventi che spesso non sono più reversibili. Alcuni, in questi ultimi tempi, mi rimproverano un certo ottimismo, perché – annotano - non c'è niente che spinga fuori da una certa apatia il Paese che sta accettando tutto, salvo non andare più a votare o partecipare a referendum che suonino come protesta.
Effettivamente i due referendum consultivi di ottobre, voluti dai Presidenti (non Governatori!) delle Regioni Lombardia e Veneto sono state una campagna elettorale a carico dei cittadini, anche se, sia in Lombardia (Gori) che in Veneto (Rubinato) si sono aggiunti voti del Pd. Ancora una volta non si è voluto offrire una doverosa e approfondita informazione che divenga anche pedagogia civile. "Manteneteli ignoranti, saranno ubbidienti" è una angosciante massima.

Infatti basta illustrare l'art.116 della Costituzione che al comma 3 prevede "Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia (...)".  Inoltre altre materie indicate nell'art. 117 "possono essere attribuite con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali (..)". Può darsi che il sostegno ampio consultivo dia forza alla trattativa con lo Stato? Ma la propaganda era 'indipendentista' in giornate in cui una Regione della Spagna rendeva evidente quale disincanto si celi dietro il populismo. Di più: la propaganda insisteva soprattutto su "i nostri soldi devono rimanere a noi". Argomento squallido se questo è il collante di una politica: senza visione, senza ideali di solidarietà e tutta centrata sull'egoismo individualista. Senza politica non c'è società. Per altro le banche venete sono state salvate con i soldi dello Stato (4,7 miliardi), 6 miliardi per il Mose di Venezia, 2,5 miliardi per l'Alta Velocità. La solidarietà nazionale supera le emergenze, consolida lo sviluppo. 
Il referendum dello scorso  4 dicembre,  che attuava immediatamente le riforme chieste da decenni, fu sconfitto e si è enfatizzato invece il risultato di referendum consultivi. Guai se i recenti elettori del sì si sentiranno delusi, perché in gioco è la credibilità delle istituzioni, delle persone e del valore del voto. Assenteismo e populismi avranno trovato terreno fertile per crescere.
Gli elettori! Il prezioso seme della democrazia. Renzi, da Chicago con Obama, esorta: "la politica conquisti i giovani". E' oggettivamente una missione per l'attuale generazione di dirigenti. E del resto si stanno sviluppando iniziative diverse di 'scuole' di politica: di partiti, di movimenti, di diocesi.
Non basta partecipare ai corsi anche con docenti gratificanti, perché serve esperienza sul campo. Non illudere i giovani volonterosi che dopo un po' di formazione troveranno posti nelle liste, pronti e capaci di affrontare incarichi di governo o assembleari. È già accaduto che siano state nominate alle cariche più elevate personalità che avevano per profilo di non aver fatto mai politica.
I giovani sono adatti a pensare il presente e il futuro, ma spesso non conoscono il passato. È povera la politica senza storia. Purtroppo anche i programmi scolastici sono modesti, ma non è possibile una credibile competenza senza aver studiato e continuare a studiare la storia. È davvero maestra!
I partiti si preoccupino di questi 'dettagli' e guardino anche la composizione anagrafica dell'elettorato. Nei referendum, da quello della Brexit fino ai nostri, è emerso un dato da osservare attentamente: i giovani hanno guardato 'fuori' e lontano; gli ultra sessantenni si sono mostrati preoccupati di conservare il loro 'presente'. 
Allora conquistare i giovani significa proporre una politica aperta, che faccia intravedere orizzonti affascinanti, visioni utopiche, sogni di lasciare il mondo migliore di come l'hanno trovato. Immagino che a loro non serve chiudersi in Regioni indipendenti; non serva rinunciare alla moneta unica; tornare a frontiere, passaporti, dazi. Si meritano un grande Paese, gli Stati Uniti di Europa, che non riduce l'identità dei loro territori di nascita, ma li rende significativi e forti, non marginali come se fossero piccoli e chiusi.

È tempo di guardare avanti. 
Ormai non occorre essere futurologi per indovinare che tutti i programmi 2020 sono già superati e bisogna studiare per il 2050.

Le culle vuote e gli anziani in continuo aumento devono far cambiare mentalità nel delineare strategie. Invece ci si attorciglia attorno alle spending review in sanità, previdenza, organizzazione del lavoro guardando indietro, coi criteri di ieri. La informatizzazione inarrestabile - da utilizzare governandola - la robotica, complementare o sostitutiva di attività umane, rendono urgente guardare attentamente i confini, i limiti, le opportunità del nostro vivere di domani e dopodomani.

Le sfide sono globali e non si possono affrontare solo con strumenti locali. La incompetenza comporta conseguenze importanti.

Guardare per vedere bene e chiaro. 
Osservare e analizzare. Uno sguardo ottimista nonostante tutto: una ricetta efficace purché si studi, si rimanga ancorati alla realtà, che rende umili.  La politica può far perdere le coordinate personali, perché si incontrano personaggi di fama mondiale, si ottengono riconoscimenti e onori, si è destinatari di premi, si ottengono importanti risultati con le proprie scelte. Ma la politica non è la vita, è parte della vita e non la esaurisce. 

Guardare in faccia le persone. 
Non basta un clic per costruire la democrazia diretta. Trascurando gli eventuali inconvenienti tecnologici di cui si è testimoni tutti i giorni, anche a livello planetario, la rappresentanza delle persone in carne e ossa, affrontando i loro problemi, conoscendoli direttamente per risolverli davvero, efficacemente e tempestivamente: ecco il senso e il significato di portare esperienza e competenze nella attività politica. "I volti della Repubblica" è la bella, efficace immagine, utilizzata dal Presidente Mattarella nel suo discorso di insediamento. I volti della Repubblica sono quelli di chi lavora, soffre, studia; dei giovani disoccupati, dei vecchi soli e malati...

In questi volti deve specchiarsi chi vuole rappresentarli. Si deve guardare negli occhi "mettendoci la faccia". Sarebbe anche il volto della " buona politica".

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