DECIDERE
Decidere
dal latino de caedere, tagliare, propr. tagliar via, perché in
realtà la decisione si ottiene col procedere con aut aut
(Kierkegaard): rinviare senza scegliere è l’opposto di quanto
richiesto da chi deve decidere. Il Presidente Mattarella ha
dimostrato che per decidere man mano ha ascoltato e poi è passato
all’azione. Prima incarico esplorativo alla Presidente Casellati,
poi al presidente Fico: “tagliate via” le diverse opzioni si è
dovuto decidere.
Tuttavia
i giorni intercorsi dal 4 marzo hanno segnalato a tutti che le scelte
per poter raggiungere decisioni razionali maturano solo se alla
responsabilità si accompagna competenza, chiarezza degli obiettivi e
trasparenza.
I
partiti in campo, squilibrati da risultati elettorali che solo una
legge come Il ‘Rosatellum’ poteva - e potrà se non la so cambia-
ottenere, si sono comportati con poca lucidità. Una legge
proporzionale (sia pure nella forma spuria che è stata adottata)
pretende che la maggioranza sia frutto di una alleanza, di una
coalizione propriamente detta. E un conto sono i programmi elettorali
(anche un po' esagerati), un altro il programma di governo. E’ su
questo che si coagula la maggioranza che deve sostenere il governo e,
in seno al Parlamento, animare l’attività legislativa in coerenza
con i programmi della propria coalizione, in una dialettica positiva
con l’opposizione per rispondere al meglio alle istanze della
popolazione.
Il
91% ai gazebo e i 40 mila dei clic cosa rappresentano rispetto ai
milioni e milioni rivendicati dai due migliori perdenti?
Due
negazioni della democrazia rappresentativa: il contratto fra due
privati (il signor Luigi Di Maio e il signor Matteo Salvini; si
vergognano di essere onorevoli, eletti dal popolo?) e la ‘diminutio
del loro ruolo di vertici dei partiti votati dagli Italiani, talche’
hanno bisogno della legittimazione di similreferendum con la loro
base.
Chi
proclama “prima gli Italiani” deve sentirsi impegnato a
rispettare lo strumento aureo per la difesa dei diritti dei cittadini
e il bilanciamento dei poteri dello Stato; per essere “difensore
degli Italiani” occorre ricorrere al codice fondamentale, la
Costituzione.
Per
carattere e per scelta non mi sento nemica di chi sta su fronti
politici diversi dal mio e al massimo mi sento avversaria e mite, ma
mi sento amareggiata di fronte a comportamenti e linguaggi che
offendono le istituzioni; queste sono di tutti i cittadini, sono la
loro difesa.
Perciò
anche le procedure - le liturgie che tutte le grandi istituzioni
celebrano per valorizzare i simboli, la tradizione, la storia i
valori che costruiscono una comunità- hanno molto da dire. Le
cerimonie civili sono officiate nel segno e nel nome del popolo
italiano- in un tribunale, in una piazza, o in altre occasioni-
esigono atteggiamenti, abiti, compostezza adeguati al ruolo.
Il
“contratto” viene ancora e continuamente citato con toni
propagandistici e mancano assolutamente - perché si è sempre
presentato l’opposto - il Sud e l’Europa, perché “prima gli
Italiani” significa che deve essere unificata l’Italia nello
sviluppo e che deve essere l’Europa a mantenerci nella testa di
serie dei Paesi più sviluppati.
Gli
imprenditori del Nord e NordEst, che vivono importando ed esportando
in tutto il mondo, pensano che l’Italia fuori dell’area euro
mantenga gli stessi standard? Perché nessuno spiega le procedure, le
difficoltà e la tempistica (Brexit insegna) di tali scelte
monetarie?
Troppa
poca chiarezza di tutti e su tutto.
Il
problema è grosso e reale: le sommarie e segmentate riflessioni che
mi sono permessa fin qui, devono essere capite, da chi? Chi legge i
quotidiani? La maggioranza dell’elettorato non ha competenze nè è
“alfabetizzata” politicamente per accogliere ed esercitare
critiche competenti. La Rete, la propaganda populista, l’informazione
distruttiva e offensiva della politica e dei politici ottengono il
risultato dell’astensionismo e del ”vaffa”.
I
clic sono senza interlocuzione e dialogo, non creano cultura. Spero
in un revaival appassionato dello studio della educazione civica e in
un rinnovato orgoglio dei politici per il loro nobilissimo ruolo.
Spero anche in uno slancio doveroso delle più alte cariche dello
Stato a difesa delle istituzioni con un alto magistero pedagogico.
Chiedo
in prestito a De Gasperi le parole sul consenso e l’impegno comune
per la politica alta. “Ciò che si oppone ad una nuova composizione
di una coscienza comune è il neoindividualismo libertario,
edonistico, consumistico imperante, privo di un orizzonte etico e,
quindi, asociale e amorale, che infetta il comportamento dei
cittadini e dei gruppi di persone, i quali non si riconoscono
nell’orizzonte più vasto della fraternità e del bene comune”.
Da
qui, l’esigenza di impiantare nelle istituzioni e nel tessuto
sociale un’antropologia aperta al trascendente e un nuovo concetto
di sviluppo integrale, comunitario, plenario, planetario, inclusivo,
sostenibile.
Occorre
procedere alla riforma dei partiti, oltre che delle istituzioni
pubbliche. (…) Data la necessità di una sintesi delle legittime
istanze dei vari soggetti nel quadro delle esigenze del bene comune,
la crisi dei partiti non va superata con la loro soppressione. E
nemmeno cedendo a tentazioni populistiche e movimentistiche che,
nonostante alcuni aspetti positivi, celano ambizioni autoritarie e
leaderistiche, le quali tendono ad escludere inevitabilmente i
cittadini da una partecipazione più attiva e responsabile”.
Perciò
oltre alla non immediata, anche se doverosa, riforma elettorale
(grave responsabilità del Parlamento) si impone anche l’attuazione
dell’art.49 della Costituzione.
Il
mio partito, il PD, di fronte alla sua attuale grave difficoltà,
come in uno specchio sta osservando i danni che l’assenza della
Politica causa al Paese.
Si
è capito che si contrasta il populismo con le risposte vere ai
cittadini, con un riformismo che aggredisca la precarietà,
garantisca l’equità fiscale, assuma l’ambiente come paradigma
dello sviluppo. E si è pure capito che le classi dirigenti non si
improvvisano; che non si può ridurre a giovanilismo il rinnovamento:
che non può essere solo delle persone ma dei contenuti, dei
comportamenti, delle prassi. Bisogna ascoltare il Paese e conoscerlo
palmo a mano. Gli strumenti innovativi di comunicazione sono
integrativi non sostitutivi delle relazioni umane.
È
tempo di una “nuova Repubblica” rifondata su un codice di
Camaldoli 4.0, perché il mondo cambia correndo, ma i valori devono
essere stabilizzati, perché siano fondamenta salde, che non temono
gli scossoni del populismo - che non ama il popolo – perché
semplicemente lo soggioga con un capo o capetto, comunque senza
democrazia. (m.g.)
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