4 DICEMBRE
UN VOTO
PER IL FUTURO
Dopo Brexit non ci sono referendum, nei diversi Paesi, che non abbiano ricadute politiche (del resto le cosiddette ingerenze oramai nel mondo – che si è ristretto – non sono nemmeno più tali: se Obama vota Renzi, Salvini vota Le Pen, per esempio). Perciò tutti i politici italiani – di maggioranza o di opposizione – tengano presente per amore di Patria quanto affermano circa la data del 4 dicembre.
E’ una
questione del Paese, della sua credibilità circa la possibilità di
accettare riforme. Non è più la riforma RenziBoschi; nel dibattito
parlamentare, nella logica del confronto, sono state approvate 122
modifiche! E, del resto, ci sono partiti (come FI) che avevano
votato, come anche la minoranza DEM, per tre volte, i testi.
Purtroppo tra coloro che sostengono il No vengono ripetute
affermazioni che sono state smentite dalla storia e dalla cronaca: in
trent’anni non sono approdati alla votazione finale nessuna delle
proposte di riforma che ora dovrebbero essere approvate in brevissimo
tempo. Ricorderò, a causa della mia precedente esperienza, che il
sistema bicamerale ha esigito quattro legislature per ottenere alla
fine la Legge quadro sulla assistenza e tre legislature per quella
contro la violenza sessuale. Potrei continuare a citare almeno le
proposte di legge che ho potuto seguire direttamente come prima
firmataria o relatrice (si vedano gli atti relativi alle leggi sulla
adozione). Del resto che si dovesse approdare ad un sistema
parlamentare con una sola Camera era negli auspici degli stessi
costituenti. Menziono due Padri tra i più noti. Mortati (DC) disse
del Senato che sarebbe stata l’Aula “ritardataria” e Togliatti
(PCI) che era l’Aula “della paura”. La lettura degli atti
preparatori della nostra Costituzione darebbe conto di molte inutili
ed errate interpretazioni del dibattito in atto. Non condivido la
propaganda circa “il risparmio” che si otterrebbe con un Senato
dimagrito. Stucchevole, improprio e pericoloso populismo ridurre la
democrazia ai suoi costi! Se vi pare che la democrazia costi troppo,
provate a farne a meno!
La riduzione, tout court, dei parlamentari
non ha senso senza la diversificazione delle funzioni e questo è
quanto è previsto dalla riforma sottoposta al referendum: oggi 630
deputati più 315 senatori (più 5 a vita) fanno un totale di 950;
col Senato delle autonomie, 95 senatori. La somma è di 725
rappresentanti eletti direttamente dal popolo: i consiglieri
regionali con i voti di preferenza e i sindaci, come è noto,
direttamente.
La prima parte della Costituzione non viene affatto
toccata. Per difendere questa parte mi batterei accanitamente; la
seconda deve invece, garantire processi democratici adatti ai tempi:
settant’anni fa l’Assemblea Costituente aveva ancora nel cuore e
nella mente la dittatura fascista appena sconfitta. Oggi una
democrazia non decidente aumenterebbe ulteriormente la sfiducia nella
politica come strumento di soluzione dei problemi dei cittadini. Si
teme una deriva maggioritaria? Si insinua che la maggioranza potrebbe
votare da sola il Presidente della Repubblica: servono 439 voti per
cui pesa anche la minoranza. Infatti sono ben 99 voti in più dei 340
della maggioranza, il che significa che le opposizioni potrebbero far
valere un continuo veto. Senza contare che il voto segreto potrebbe
riservare delle sorprese: basta ricordare i 101 che affossarono la
candidatura Prodi, causando la ricandidatura del Presidente
Napolitano.
Mi permetto di sottolineare una parte della riforma che
viene meno citata e cioè la revisione del Titolo V della
Costituzione, che fu improvvidamente votata dal solo Centrosinistra.
In tema di sanità si era deciso che Stato e Regioni avrebbero
esercitato una competenza “concorrente”, col risultato di una
tale differenziazione tra le Regioni nelle loro leggi sanitarie da
poter semplificare con l’espressione “20 sistemi sanitari”. Non
sembri un’esagerazione perché, per molte prestazioni e per i
ticket, effettivamente sarebbe stato una fortuna (o viceversa una
sfortuna) risiedere in una Regione piuttosto che in un’altra. Se
vincerà il SI’, il 4 dicembre, non verrà meno il regionalismo ma
in sanità sarà ristabilita l’uguaglianza dei cittadini (art. 3)
nei confronti del diritto alla tutela della salute (art. 32).
E’
evidente che appartengo alla tradizione di chi invita a votare
sempre: è una questione di dignità personale; e che ritiene degno
di rispetto ogni espressione di voto.
Tuttavia per il 4 dicembre,
oltre ad invitare a votare e far votare, suggerisco di votare SI’.
Penso che se non cambiamo questa volta, non cambieremo mai. Ho
fiducia che gli Italiani possano desiderare un Paese capace di
guardare al futuro, anziché alle convenienze partitiche dell’oggi.
(m.g.)
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