giovedì 3 novembre 2016

MIX Newsletter / Novembre 2016 / Editoriale

4 DICEMBRE 
UN VOTO 
PER IL FUTURO

Dopo Brexit non ci sono referendum, nei diversi Paesi, che non abbiano ricadute politiche (del resto le cosiddette ingerenze oramai nel mondo – che si è ristretto – non sono nemmeno più tali: se Obama vota Renzi, Salvini vota Le Pen, per esempio). Perciò tutti i politici italiani – di maggioranza o di opposizione – tengano presente per amore di Patria quanto affermano circa la data del 4 dicembre. 
E’ una questione del Paese, della sua credibilità circa la possibilità di accettare riforme. Non è più la riforma RenziBoschi; nel dibattito parlamentare, nella logica del confronto, sono state approvate 122 modifiche! E, del resto, ci sono partiti (come FI) che avevano votato, come anche la minoranza DEM, per tre volte, i testi. 
Purtroppo tra coloro che sostengono il No vengono ripetute affermazioni che sono state smentite dalla storia e dalla cronaca: in trent’anni non sono approdati alla votazione finale nessuna delle proposte di riforma che ora dovrebbero essere approvate in brevissimo tempo. Ricorderò, a causa della mia precedente esperienza, che il sistema bicamerale ha esigito quattro legislature per ottenere alla fine la Legge quadro sulla assistenza e tre legislature per quella contro la violenza sessuale. Potrei continuare a citare almeno le proposte di legge che ho potuto seguire direttamente come prima firmataria o relatrice (si vedano gli atti relativi alle leggi sulla adozione). Del resto che si dovesse approdare ad un sistema parlamentare con una sola Camera era negli auspici degli stessi costituenti. Menziono due Padri tra i più noti. Mortati (DC) disse del Senato che sarebbe stata l’Aula “ritardataria” e Togliatti (PCI) che era l’Aula “della paura”. La lettura degli atti preparatori della nostra Costituzione darebbe conto di molte inutili ed errate interpretazioni del dibattito in atto. Non condivido la propaganda circa “il risparmio” che si otterrebbe con un Senato dimagrito. Stucchevole, improprio e pericoloso populismo ridurre la democrazia ai suoi costi! Se vi pare che la democrazia costi troppo, provate a farne a meno! 
La riduzione, tout court, dei parlamentari non ha senso senza la diversificazione delle funzioni e questo è quanto è previsto dalla riforma sottoposta al referendum: oggi 630 deputati più 315 senatori (più 5 a vita) fanno un totale di 950; col Senato delle autonomie, 95 senatori. La somma è di 725 rappresentanti eletti direttamente dal popolo: i consiglieri regionali con i voti di preferenza e i sindaci, come è noto, direttamente. 
La prima parte della Costituzione non viene affatto toccata. Per difendere questa parte mi batterei accanitamente; la seconda deve invece, garantire processi democratici adatti ai tempi: settant’anni fa l’Assemblea Costituente aveva ancora nel cuore e nella mente la dittatura fascista appena sconfitta. Oggi una democrazia non decidente aumenterebbe ulteriormente la sfiducia nella politica come strumento di soluzione dei problemi dei cittadini. Si teme una deriva maggioritaria? Si insinua che la maggioranza potrebbe votare da sola il Presidente della Repubblica: servono 439 voti per cui pesa anche la minoranza. Infatti sono ben 99 voti in più dei 340 della maggioranza, il che significa che le opposizioni potrebbero far valere un continuo veto. Senza contare che il voto segreto potrebbe riservare delle sorprese: basta ricordare i 101 che affossarono la candidatura Prodi, causando la ricandidatura del Presidente Napolitano. 
Mi permetto di sottolineare una parte della riforma che viene meno citata e cioè la revisione del Titolo V della Costituzione, che fu improvvidamente votata dal solo Centrosinistra. 
In tema di sanità si era deciso che Stato e Regioni avrebbero esercitato una competenza “concorrente”, col risultato di una tale differenziazione tra le Regioni nelle loro leggi sanitarie da poter semplificare con l’espressione “20 sistemi sanitari”. Non sembri un’esagerazione perché, per molte prestazioni e per i ticket, effettivamente sarebbe stato una fortuna (o viceversa una sfortuna) risiedere in una Regione piuttosto che in un’altra. Se vincerà il SI’, il 4 dicembre, non verrà meno il regionalismo ma in sanità sarà ristabilita l’uguaglianza dei cittadini (art. 3) nei confronti del diritto alla tutela della salute (art. 32). 
E’ evidente che appartengo alla tradizione di chi invita a votare sempre: è una questione di dignità personale; e che ritiene degno di rispetto ogni espressione di voto. 
Tuttavia per il 4 dicembre, oltre ad invitare a votare e far votare, suggerisco di votare SI’. Penso che se non cambiamo questa volta, non cambieremo mai. Ho fiducia che gli Italiani possano desiderare un Paese capace di guardare al futuro, anziché alle convenienze partitiche dell’oggi. (m.g.)

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