martedì 21 giugno 2016

MIX Newsletter Giugno 2016 bis / Editoriale / Elezioni Amministrative

RISPETTO


Nel sistema democratico quando il popolo si esprime col voto si deve rispetto al risultato, anche quando fosse molto diverso dalle proprie aspettative. 
Rispetto che deve nascere da come si intende interpretare il ruolo delle istituzioni, come strumento eminente di servizio ai bisogni di vita dei cittadini.
Nella seconda tornata delle recenti elezioni amministrative, abbiamo dovuto registrare un ulteriore incremento del “partito invisibile”; l’astensione è aumentata e, ormai, è sintomo di una patologia e non di una raggiunta maturità democratica, per cui il non voto potrebbe rappresentare semplicemente accettazione dello status quo (lo si dice dei Paesi di antica tradizione, soprattutto anglosassone), ma piuttosto il disimpegno a fronte di una politica di cui  non si riconosce il ruolo essenziale nel guidare i fenomeni sociali. 
Questo è un argomento prioritario per le analisi – spero non frettolose e di autoassoluzione – perché riguarda direttamente il ruolo della politica. L’assenza di questa o la distorta interpretazione della sua funzione sono all’origine dei sommovimenti di domenica 19 giugno. 
Il Segretario del PD ha riconosciuto una sconfitta senza appello ed ha aggiunto che forse ha “rottamato” troppo poco. 
Intanto un po’ di rispetto per le persone alle quali non si addice una definizione così materiale. 
Inoltre vanno analizzati gli elementi legati all’età degli elettori, ai luoghi di residenza e alla loro condizione sociale. 
E quanto al rispetto del significato delle parole, mi pare si usi con eccessiva facilità l’aggettivo “storico”. E’ tutto storico e perciò tutto piatto alla stessa maniera. 
Donna sindaco di una grande città – Napoli – è già stata Rosa Russo Jervolino e oramai non è più storica la scelta di donne in ruoli significativi nelle amministrazioni quanto negli enti e nelle società. 
Il fatto è che l’attuale sindaco di Napoli è stato eletto da circa il 70% del 30% di votanti. Siamo di fronte alla democrazia senza popolo? Ma allora non sarebbe vera. 
So bene che in questi giorni si è rispolverata la “partecipazione”: si vorrebbero coinvolgere il più possibile i cittadini nella gestione amministrativa. Come? Il rispetto delle regole sarà un banco di prova per recuperare davvero i cittadini all’amore per la propria città, facendo riscoprire la passione civile, fondamento della buona politica. 
In anni di censura e polemica per la classe politica – tutti uguali! – non si è mai distinto fra responsabilità, qualità e competenza. 
Perciò il cambiare per cambiare ha colpito Torino come Varese. 
Dopo alcuni decenni di gestione anche corretta e positiva si è coagulato “tutto il resto del mondo” contro la squadra campione, da troppo tempo in vetta alla classifica. 
Ci sono stati comportamenti “infantili” quasi potessero essere il toccasana: rinunciare all’automobile, usare la bicicletta, rinunciare ad emolumenti, ecc. 
I cittadini non si sono fidati della estemporaneità. Giorno per giorno, e non solo con la Rete, si devono intersecare i bisogni dei cittadini e le proposte di soluzione, spiegando, illustrando, ripetendo, accettando critiche e qualche volta insolenze…
Rispetto anche degli avversari in politica: quanti insulti, gravi insinuazioni, uso improprio delle denunce, ecc. Come è possibile educare i giovani a comportamenti e a linguaggi decorosi e opportuni? 
Il rispetto per un luogo dell’autorità sacrale come il Parlamento non è certo valorizzato dall’abbigliamento con cui ormai la gran parte degli eletti lo frequentano.  
L’impegno che attende tutti a servizio dell’intera comunità nazionale – maggioranze e opposizioni – è gravoso e di lunga lena, perché è sempre difficile far cambiare idea alle persone, quando se ne sono formata una. 
I voti di domenica ricordano altre svolte – anch’esse dette storiche – che occorre rivedere per capire come il Paese reagisce quando “troppo è troppo”. Nel 1975 il PCI sorpassò la DC; arrivò poi, dapprima solitario, il “senatur” e in seguito una valanga di leghisti (alcuni politici, pure illuminati, pensarono fosse un fenomeno passeggero) che governarono città e regioni; ora il Movimento 5 Stelle già presente in Parlamento con un consistente numero di eletti, è alla prova di grandi città. 
Anche i movimenti che sembrano spuri, quando assumono ruoli istituzionali passano “dallo stato nascente alla istituzionalizzazione”. 
Ricordo la sera dei risultati delle politiche quando alla Casa dell’Architettura (l’ex Acquario di Roma) non si presentò nessun dirigente di partito se non molto tardi, solo l’on. Enrico Letta per una dichiarazione rituale di presa d’atto. 
Tutte le televisioni estere presenti, essendo io l’unica PD in circolazione, mi interrogavano sul significato del voto e di cosa sarebbe accaduto. Non dovetti azzardare nel ricordare che sarebbe avvenuto un lento adattamento alle esigenze delle istituzioni anche, forse ed eventualmente, con strappi di alcune regole e che, infine, si sarebbero assunti responsabilità dalle quali di volta in volta potevano uscire vincitori o no. 
Siamo a questo punto. Hanno voluto interpretare la volontà di cambiamento e per ora sono riusciti, raccogliendo ogni e qualsiasi spezzone di malcontento. 
Non dobbiamo dimenticare la concentrazione anche dei voti di destra sui loro candidati. Del resto Salvini fece una inequivocabile dichiarazione di voto in proposito. 
Non bisogna adagiarsi sulle interpretazioni politologiche quanto studiare la storia del Paese e delle sue curve e controcurve elettorali, perché i cittadini sanno riconoscere gli errori della politica e i propri. 
Questa consapevolezza è la base per la ricostruzione di rapporti diretti col bisogno di futuro degli Italiani. Questo deve avere contorni chiari anche se visto da lontano: occupazione, rigore personale, trasparenza e riduzione della burocrazia, Stati Uniti d’Europa, integrazione di profughi e rifugiati, ecc. 
La nostra comune patria europea ha avuto la sua vittima in questi giorni. Jo Cox ha pagato con la vita il suo impegno politico. E non vale diminuirne il dramma considerando squilibrato il suo assassino, perché a maggior ragione si deve controllare il linguaggio, in quanto l’eccesso di odio può stimolare le persone più sprovvedute. 
Rispetto dei programmi e dei leader di ciascun altro partito senza inutili invasioni di campo. La politica torna, se diventa “amica”, perché accompagna il cittadino nella evoluzione della sua esperienza esistenziale. 
Non sono bastati gli 80 euro, la cancellazione della tassa sulla prima casa, la buona scuola e tante altre riforme del governo Renzi. Purtroppo ogni elezione, anche amministrativa, in un sistema democratico è espressione di un sentire politico. Per questo, a prescindere da troppo facili strumentalizzazioni, sia nel campo della maggioranza che della opposizione, bisogna prepararsi al referendum costituzionale con la serietà e la sincerità che merita la posta in gioco. 
Il grande successo del PD alle europee era frutto della volontà di “svoltare”. 
Anche domenica è arrivato un messaggio in tal senso, che riguarda contenuti e qualità, non tanto l’anagrafe o altro. (m.g.)

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