domenica 15 settembre 2013

Newsletter - settembre 2013


POVERA ITALIA
Ho avuto un sufficiente tempo feriale per godere la compagnia degli scritti delle donne e degli uomini politici che hanno costruito la nostra democrazia.
Stridente il paragone coi nostri giorni.
Mentre il governo, guidato con serietà e autorevolezza (anche internazionale) da Enrico Letta dimostra di essere attento alle difficoltà del Paese, i partiti delle "larghe intese" (ironia delle parole) non sono d'accordo praticamente su nulla di programmatico e, come molti hanno ricordato, hanno trascorso l'estate accapigliandosi come i polli del manzoniano Renzo. E c'e' pure un Renzi che, invece, tenta di spostare l'attenzione sul futuro immediato del PD e sul confronto congressuale. Anche del Congresso, tuttavia, si parla con espressioni e argomenti che hanno a che fare più con scontri personali che confronto di idee.
Mi chiedo perché Renzi dovrebbe costituire una minaccia per Letta e non invece un rafforzamento. E’ ora di smantellare la leggenda che fu Veltroni a far cadere Prodi. Non ricordiamo come era la sua compagine di governo? C’erano Ministri e sottosegretari che partecipavano a contestazioni di piazza contro le decisioni del proprio Consiglio dei Ministri.
Se il PD non sosterrà il Governo guidato da chi è stato suo vice segretario non potrà presentarsi “innocente” alle prossime elezioni.
Purtroppo temo che nella base del PD gli irriducibili preferiscano la fine delle larghe intese, perché l’antiberlusconismo ne obnubila l’orizzonte che annuncia un tremendo baratro per il Paese. Non solo si pagherebbe l’IMU (era un punto programmatico del PD che non è stato abbastanza rivendicato), ma non sarebbero convertiti i decreti che riguardano il finanziamento dei partiti, la riduzione dei parlamentari, l’abolizione delle provincie, il decreto sui beni culturali, il decreto sulla scuola e, soprattutto, l’indispensabile legge elettorale.
Non sfugge a nessuno, che sia in buona fede, che il Capo dello Stato non consentirà una nuova tornata elettorale con la legge attualmente vigente.
Di questi argomenti e di altri -cassa integrazione, esodati, super pensioni, ecc- gli Italiani vogliono sentire parlare e, in particolare, sentire la voce del PD. E’ il partito che si è intestato uno slogan che indica un importante programma: “Prima l’Italia!” Se si andasse alle elezioni senza che questo impegno venga onorato, si può ritenere che diminuisca l’antipolitica, il populismo e l’astensionismo?
Mi pare sia tempo di voltare pagina anche nel modo di comunicare la politica. Da troppo tempo consentiamo che vincano coloro che gridano di più, con ciò mascherando le reali intenzioni, che sono per lo smantellamento del sistema democratico. Abbiamo già avuto modo di riflettere sulla confusione creata ad arte fra i costi della politica e quelli della democrazia. Tra questi ora mi permetto di ricordare quelli morali: senza competenze e senza una vera passione civile si riduce la politica a pura carriera, a rappresentanza fittizia. Nell’attuale Parlamento siedono quei 101 che si sono nascosti nel negare il voto a Prodi; c’è un partito che esplicitamente si è presentato all’elettorato con l’intento di distruggere questo sistema; c’è chi per un mal inteso giovanilismo ha ritenuto che fosse utile indebolire di personalità di rilievo, anche internazionale, la nostra assemblea legislativa.
Dalla sua fondazione il PD si era impegnato a semplificare il numero dei gruppi parlamentari per indurre un bipolarismo che, lentamente, avrebbe condotto al bipartitismo. Non solo non è accaduto, ma partiti e gruppi parlamentari si sono moltiplicati. Allo stesso modo si puntava ad evitare eccessi correntizi nel partito, considerandoli letali per la buona politica, perché concentrano l’attenzione sulla personalizzazione della politica invece che sui programmi. Ed è accaduto il contrario.
Certamente il berlusconismo ha condizionato il metodo rendendo tutti i partiti inclini al leaderismo. Anche le primarie, cui all’inizio si era affidata la grande speranza che fossero utili a riscuotere interesse e partecipazione, hanno indotto un consolidamento delle correnti, che fanno riferimento ai candidati.
Il populismo è il prodotto di un plebiscito attorno ad un capo.
Confesso di essere una pentita, perché le primarie hanno avuto successo quando furono confermative come per Prodi e per Veltroni. Negli altri casi, è sotto gli occhi di tutti, che hanno creato divisioni nel partito, suscitando contrapposizioni e divisioni profonde e, qualche volta, premiando il candidato non PD. Mi chiedo, anche, se affidiamo alle primarie la scelta del segretario a cosa serve il congresso? Invece è tempo di ridare ai partiti il ruolo principe in democrazia, che è la selezione della classe dirigente e la proposta di una “visione” del futuro, con sguardo alto e lungo. Il Congresso deve “far sognare” un Paese, una società, un mondo, secondo ideali e principi che devono essere divulgati e sui quali fondare il ceto politico, il senso di appartenenza, l’amore per l’Italia e l’orgoglio di essere successori autentici dei protagonisti della Ricostruzione (con la maiuscola) che fecero risollevare il Paese dalle macerie materiali e morali.
Questo Parlamento è investito in questo momento, anche di un’altra enorme responsabilità, che riguarda la guerra e la pace. So per esperienza cosa significhi dover votare su questa materia e sono contenta che il governo italiano stia esprimendo un’azione politico-diplomatica resa credibile dal fatto che il nostro Paese ha molte migliaia di soldati già schierati in diversi teatri di crisi, che onorano il nostro impegno a favore della pace. Anche questo argomento deve essere tenuto in considerazione dal PDL che sta minacciando il Paese, col ricatto della crisi di governo se Berlusconi non ottiene tutela della sua “agibilità politica”.
E’ umanamente comprensibile che la posizione del Capo di un partito coinvolga emotivamente i propri seguaci e elettori, ma una maggiore conoscenza del passato avrebbe potuto dare suggerimenti ”istituzionalmente positivi”. Berlusconi, come altri leader nel passato, avrebbe potuto accettare l’affidamento ai servizi sociali, dimostrando di rispettare le leggi del proprio Paese senza rinunciare a guidare il partito e come sarebbe conveniente per un protagonista della vita politica italiana ormai da vent’anni.
Anche per altre circostanze ho sperimentato che la nuova generazione di politici conosce poco le vicende del passato, sia recente che remoto, che hanno reso la nostra democrazia sicura e stabile nonostante le molte vicende travagliate, che ha dovuto affrontare.
Dopo aver letto MIX, alcuni giovani mi hanno scritto di aver fatto ricerche via internet (è lo strumento giovanile per eccellenza) su argomenti che avevo citato e di cui non erano a conoscenza come, per esempio, il Codice di Camaldoli, le Idee ricostruttive della Democrazia Cristiana, il compromesso storico e il rapporto tra Berlinguer e Moro, ecc. Questi giovani segnalano come sia indispensabile la formazione storico-politica, insieme con qualche esperienza amministrativa, a partire dai propri territori, per appassionarsi e sacrificarsi per la “buona politica”, per il bene comune. (m.g.)

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