lunedì 3 giugno 2013

MIX Newsletter / Giugno 2013


PIAZZE E URNE

I risultati elettorali non sono stati negativi ed anche i ballottaggi si presentano favorevoli al PD. Tuttavia l’astensionismo ora è più di un allarme, perché la protesta non si è rivolta all’inconcludente e deludente Movimento 5 Stelle, ma ha riguardato tutte le forze politiche.
Né possiamo paragonare gli elettori italiani a quelli dei Paesi di tradizione nordica o anglosassone, in quanto il bipolarismo italiano non si è configurato come il bipartitismo. Questa volta l’analisi deve essere approfondita, recuperando magari anche i giudizi sbrigativi e superficiali dati in occasione dei risultati del febbraio scorso.
Le piazze dei comizi finali non erano piene e anche questo era un segnale da interpretare. Hanno mostrato anche visibilmente la distanza dai Palazzi. I Palazzi del potere, sentina di ogni male, contro una società sana! Invece Quirinale, Palazzo Chigi, Camera, Senato e Palazzi comunali sono concretamente le case di tutti gli Italiani; sono le sedi della sovranità popolare e questa si esercita davvero se vi è alle spalle un Paese consapevole che in esse si svolgono le funzioni essenziali per la vita di tutti i giorni, di tutti i cittadini. Diversamente sarà la forza nella finanza e della comunicazione ad esercitare un potere non delegato. Non ci sono stanze dei bottoni in quei Palazzi. Ricordo il Ministro Donat Cattin che mi raccontò di non aver trovato nessun bottone nel Palazzo del governo, ma tanta responsabilità da esercitare a servizio del Paese.
Gli amministratori locali, rispetto agli eletti nazionali, hanno sempre segnalato una differenza, perché vengono scelti direttamente con le preferenze e con la clausola della durata del mandato quinquennale del sindaco: cade il primo cittadino e si sciolgono le assemblee comunali. Perciò c’è una avvertenza a scegliere le persone considerate più affidabili.
Il metodo delle primarie, utilizzato dal PD, non incrocia l’intera platea degli aventi diritto al voto, cosicchè accade che, come a Roma il vincitore (fortunatamente) delle primarie, non raggiunge un numero elevato di sostenitori come ci si aspetta per la scelta del Sindaco. E a Roma c’era, certamente, nell’opinione pubblica, la volontà di cambiamento! Non si dica, tuttavia, che a Roma o in Friuli si vince “nonostante il PD” in quanto è stato soprattutto il voto di appartenenza a ridurre l’astensionismo. Se i candidati non fossero stati degli iscritti al PD avrebbero avuto lo stesso risultato? Il disagio sociale e lo stallo sui grandi temi che riguardano direttamente la vita dei cittadini mantengono una disaffezione, che è tempo di sconfiggere. Ma come?
I partiti -anche in assenza di una legge ordinaria di attuazione dell’art.49 della Costituzione- si devono comportare secondo i loro propri fini costituzionali. Devono essere riconoscibili attraverso il loro manifesto fondativo e l’organizzazione: senza essere un moloch di vecchio stampo, non possono nemmeno essere evanescenti. La Rete, pure importante strumento di veicolazione di conoscenza, non potrà (non dovrà!) sostituire le relazioni umane, perché la politica è una eminente attività relazionale fra istituzioni e cittadini, e i partiti devono realizzare una sintesi operativa dei programmi che intendono presentare ai militanti e agli elettori. Oggi è estremamente difficile per chiunque individuare le persone che, nei partiti, hanno la responsabilità di settori particolari. Le associazioni di volontariato, di consumatori, di categoria, sono costrette a rintracciare un contatto diretto all’interno delle istituzioni, senza la mediazione dei partiti. In questo modo si provoca un corto circuito che non fa crescere all’interno dei partiti la dimensione culturale dei problemi e, contemporaneamente, non avviene la reazione immediata da parte delle istituzioni, non essendo intervenuta la necessaria mediazione e il risultato è sotto gli occhi di tutti.
I 101 cosiddetti franchitiratori rappresentano plasticamente come si sono configurati i gruppi parlamentari, al di fuori di una preparazione attraverso la vita di partito. Hanno forse ritenuto di dover rispondere ai twitter invece che alla disciplina di partito (che li ha fatti eleggere) e alla lealtà istituzionale.
Gli antichi Romani, che non erano certo democratici, avevano inventato il cursus honorum; significherà pure qualcosa! Anche durante la recente campagna elettorale mi sono comportata “all’antica”: con le persone ho parlato, parlato, parlato. Ci vuole pazienza, soprattutto, con chi non solo ci contraddice, ma tenta l’insulto.
La democrazia ha bisogno di essere capita e quindi i comportamenti devono essere funzionali all’impresa. Il linguaggio non è estraneo alla modalità di fare politica: senza mitezza ci si avventura in conflitti, anche verbali, che non servono a far crescere la consapevolezza della responsabilità individuale oltre che collettiva. Sono convinta che chi parla male pensa anche malamente. Il lessico della ex capogruppo “grillina” alla Camera, on. Lombardi, non è certo né esemplare né educativo. Ma se in Parlamento non ci sono più né i Marchesi né i Croce o i De Sanctis abbiamo avuto stagioni nelle quali c’erano, tuttavia, i Moro, i Berlinguer, le Anselmi e le Jotti, che hanno ritenuto di dover essere esemplari nei comportamenti individuali e privati, come in quelli pubblici. Anche il gossip non si attardava sulle loro vicende personali, perché la politica era intessuta di fatti, anche di controversie, sempre rivolti all’organizzazione della vita democratica, allo sviluppo economico del Paese, all’educazione delle generazioni cui passare il testimone.
Alle tante nuove elette (sono contenta di essere stata la presentatrice della legge sulla doppia preferenza, perché non sono “quote rosa” ma elette) e nuovi eletti auguro di appassionarsi al loro importante ruolo democratico e di essere, a loro volta, esemplari.
Ora, ci attende il turno del ballottaggio e quindi un rinnovato impegno a votare e a far votare. (m.g.)


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