PARTITI?
Partiti, per dove?
Tutti i partiti - in Italia ma anche altrove - sono andati oltre qualsiasi definizione di liquidità. E, innanzitutto, chiediamoci se la costruzione politica debba essere frutto di liquidità o non piuttosto di fondamenta culturali solide, basate su principi saldi, che coniugano lo svolgersi degli avvenimenti secondo una cronologia che guardi al futuro, senza rimpianti per il passato, ma avendo ben presente quale sia stata la storia recente e non, per poter decifrare gli avvenimenti.
Tutti i partiti - in Italia ma anche altrove - sono andati oltre qualsiasi definizione di liquidità. E, innanzitutto, chiediamoci se la costruzione politica debba essere frutto di liquidità o non piuttosto di fondamenta culturali solide, basate su principi saldi, che coniugano lo svolgersi degli avvenimenti secondo una cronologia che guardi al futuro, senza rimpianti per il passato, ma avendo ben presente quale sia stata la storia recente e non, per poter decifrare gli avvenimenti.
C'è
una storia, nemmeno tanto lontana, ma che, per ragioni anagrafiche,
quasi tutti i ministri dell'attuale governo e molti deputati (i
senatori hanno obbligatoriamente dai 40 anni in su) non hanno vissuto
perché nemmeno nati.
Certo
non vengono ricordati - se non in sedi specialistiche – i 70 anni
dal voto femminile; i 40 anni della Riforma del Diritto di Famiglia:
una pietra miliare nel diritto che riconosce parità fra uomini e
donne e legittima i figli nati fuori dal matrimonio. Si è capito
durante il dibattito sulle unioni civili e sulle adozioni che non
erano molto note queste due leggi fondamentali: 151 del 1975 e 184
del 1983. Gli anni ‘70 furono ricchi di riforme che hanno reso il
Paese migliore: divorzio e diritto di famiglia, consultori e aborto,
chiusura manicomi e riforma sanitaria (l. 833 del 1978). Si capisce
bene che furono anche occasioni di accesa dialettica ma al dunque -
come si suol dire - i partiti raggiungevano la mediazione più alta
possibile, senza la ghettizzazione dei colleghi "obiettori".
Era
la politica, bellezza!
Proprio
come ora! e ci si stupisce per l'assenteismo. Non può interessare i
cittadini la continua conflittualità interna ai singoli partiti. Non
oso pensare al peso che avranno, in questo senso, le vicende di
questi giorni in prossimità delle imminenti amministrative.
Uno
strumento pensato per ampliare la partecipazione ed, anzi,
appassionare - le primarie – stanno conseguendo una curiosa
eterogenesi dei fini: creano problemi di sfaldamento nella base
elettorale e nella credibilità dei partiti.
Se
poi, invece, che a qualche decina di migliaia di elettori ci si
affida addirittura ad un sondaggio in rete, come ci si può aspettare
coerenza di comportamenti, coesione con l'intera comunità-partito,
garanzia di fedeltà ai programmi?
Ribadisco
che le primarie possono essere utili nelle fasi congressuali dei
partiti, quando si deve scegliere i candidati legati alle diverse
mozioni, ma non possono essere idonee ad individuare una classe
dirigente amministrativa e legislativa.
Perché
le persone si sostituiscono agli organi senza un ‘cursus honorum’
che prepari una classe dirigente competente e sperimentata. Bastano
gli ultimi episodi per dimostrare quanto danno reca l‘impreparazione
alla attività istituzionale!
Normare le primarie per legge? Non siamo un Paese cui si addice la modalità statunitense. Si vuole abolire l'appartenenza ai partiti, per avere movimenti di opinione, mutevoli, secondo le mode del politicamente corretto? Abbiamo constatato quanto si renda insicura l'intera società, se non c'è una offerta chiara precisa, culturalmente radicata di proposta politica.
Normare le primarie per legge? Non siamo un Paese cui si addice la modalità statunitense. Si vuole abolire l'appartenenza ai partiti, per avere movimenti di opinione, mutevoli, secondo le mode del politicamente corretto? Abbiamo constatato quanto si renda insicura l'intera società, se non c'è una offerta chiara precisa, culturalmente radicata di proposta politica.
Il
Movimento 5 Stelle ora - domani un 6 Stelle, ecc. - interpreta il
clima mediatico e si candida come l'unica novità al sistema dei
partiti. Non sono i poteri forti a impedire la modernizzazione del
Paese ma la ricercata e incitata frantumazione sociale intorno a
interessi parziali contro quelli generali.
La
nostra Carta Costituzionale (art. 49) prevede il diritto dei
cittadini "di associarsi liberamente in partiti per concorrere
con metodo democratico a determinare la politica nazionale".
Senza
i partiti chi determina la politica nazionale?
Dopo
70 anni è forse tempo di regolamentarli con legge ordinaria. Troppe
manovre hanno sopportato, a causa delle reali scorrettezze per il
loro finanziamento, come clave per la loro demolizione. Quale lo
strumento alternativo, e da parte di chi, per determinare la politica
del Paese?
I
partiti hanno guidato i fatti storici da sempre; abbiamo studiato le
fazioni delle polis greche; Menenio Agrippa aveva perfino dimostrato
l'utilità della divisione fra le classi dei plebei e degli
aristocratici. E poi: ghibellini, guelfi, giacobini e girondini,
partiti totalitari e, fortunatamente, partiti democratici dell'epoca
moderna.
Sono una proposta di organizzazione sociale, una visione della vita dei singoli e del mondo. Elaborano dottrine di pace, creano occasioni dialettiche in materia economica, finanziaria, occupazionale; decifrano la globalizzazione e le sue conseguenze; preparano al civismo e ad assumere "funzioni pubbliche da adempiere con disciplina e onore" (Cost. art. 54).
Sono
la conquista che il 25 aprile celebriamo. (m.g.)
Sono una proposta di organizzazione sociale, una visione della vita dei singoli e del mondo. Elaborano dottrine di pace, creano occasioni dialettiche in materia economica, finanziaria, occupazionale; decifrano la globalizzazione e le sue conseguenze; preparano al civismo e ad assumere "funzioni pubbliche da adempiere con disciplina e onore" (Cost. art. 54).
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