lunedì 3 agosto 2015

MIX Newsletter / Agosto 2015 / Editoriale


TRAGEDIE

“Tragico” era lo stile retorico per trattare temi importanti e nel tempo è divenuto aggettivo per indicare drammi dolorosi e in questi ultimi tempi si è legato alla difficile situazione della Grecia. Mi sono chiesta se aver accettato il consiglio di Giovanni Paolo II di introdurre nel preambolo al Trattato della Costituzione dell’Unione “le radici greco-giudaico-cristiane” sarebbe stato un vincolo, oltre che culturale, anche giuridico per riconoscerci popolo, con una precisa identità. È apparso evidente, nelle maratone diurne e notturne, che a Bruxelles non c’erano rappresentanti che si sentissero partecipi di una comune identità. 
Da qui bisogna ripartire per non interrompere il cammino verso gli Stati Uniti d’Europa. La Comunità fu sognata e costituita con il preciso scopo di cementare la solidarietà tra popoli che si erano combattuti in guerre disastrose. La Grexit sarebbe la negazione totale di quel processo: ogni Paese in difficoltà potrebbe essere “cacciato” con il conseguente sgretolamento dell’Europa. Sventare questa ipotesi dovrebbe essere il fondamento di un rinnovato slancio per accelerare l’integrazione completa. 
Infatti, senza l’integrazione, il fiscal compact e la regola del 3% suonano solo come limiti alla sovranità nazionale. Il Paese europeo più forte - Germania, 80 milioni di abitanti o il secondo, per capacità manifatturiera, Italia, 60 milioni di abitanti - come si confronterebbero con l’America del Nord, la Cina, la Russia, ciascuno da solo? Bossi ricorda saggiamente a Salvini che l’euro serve all’economia italiana, alla quale garantisce un importante saldo nell’esportazione interna al nostro continente. Che sarebbe della “liretta” nel confronto con le potenti monete straniere? La personalità più europeista si sta rivelando Mario Draghi e questo deve far pensare. 
In ogni caso, in una società tanto complessa perché tanto globalizzata - malgrado tutti i suoi avversari - la solidarietà è un valore non solo virtuoso, ma tremendamente concreto e di peso economico. Due immagini hanno colpito l’opinione pubblica: Merkel con la palestinese e i cittadini di un paesino veneto contro un centinaio di immigrati. La prima si è parata dietro il rigore delle norme, i secondi accampando il diritto di “non far crescere i figli in un campo profughi” (!?); magari si aprirebbero la mente. 
È un fatto che l’immigrazione, fenomeno inarrestabile, ha bisogno di risposte organizzate, finanziate, finalizzate. Se Merkel invece di spiegare alla bambina palestinese perché sarebbe stata espulsa, avesse partecipato al tavolo europeo, a costruire un’azione comunitaria di cooperazione allo sviluppo e di peacekeeping nei paesi di origine della migrazione, quale grande risultato si sarebbe potuto ottenere in termini di sviluppo integrale ed economico! 
Si pensi a quanti rivoli (magari modesti come quelli italiani) di finanziamenti vanno a progetti di cooperazione che, messi insieme da una Europa unita, costituirebbero una massa ingentissima di risorse per promuovere istruzione e attività produttive, utili anche ai rapporti commerciali con in donatori. La lungimiranza è il dono degli statisti, basti ricordare Churchill e Kohl che non hanno temuto di perdere le elezioni per le difficili scelte imposte ai loro popoli. Senza solidarietà, anche interpersonale, la società si deteriora e non è una giustificazione la crisi economica, perché, al contrario, ci sono atti di generosità commoventi. Sugli scogli di Ventimiglia arrivano gli aiuti da parte dei cittadini, ma a Roma un quartiere si ribella ai rifugiati e i cittadini accettano di essere “aiutati” da CasaPound. Strumentalizzazione politica di un problema vero. 
Eppure il Vescovo di Roma, Papa Francesco, è ammirato quando propone una difficile solidarietà: peccato che non venga ascoltato. 
C’è responsabilità da parte di chi dovrebbe educare e dare l’esempio. Perfino i dipendenti pubblici, che sono garantiti del posto di lavoro, non rispettano i cittadini che hanno bisogno del loro servizio: i macchinisti a Roma attuano uno sciopero bianco perché non vogliono timbrare il badge!  I sindacati difendono i privilegi o si fanno carico dell’interesse generale? È stato bello vedere i milanesi il giorno dopo la manifestazione dei black bloc ripulire la propria città. Ma è stata una forma di protesta “al contrario”, invece di essere un atteggiamento interiorizzato che valga per ogni giorno: se non si sporcasse per strada con carte, cicche di sigaretta, cani… se non si parcheggiasse in qualsiasi modo… se non si fosse irrispettosi dei beni comuni che non sono di nessuno, ma di ciascuno e pagati con le tasse, la città sarebbe bella sempre! 
Se i media non propongono modelli di comportamenti esemplari; se presentano in ogni trasmissione televisiva tutte le vicende più  drammatiche e truculente; se la politica non è mai presentata come valore democratico; se non si insegna a distinguere criticamente il bene dal male; se il più forte usa il più debole come cosa; se la persona può essere venduta, affittata, violata; che mondo si vuol lasciare alle generazioni future, figli e nipoti? 
Serve perciò una rinascita morale, civile e culturale che sostenga la speranza di tutti e la costanza di coloro che, nonostante tutto,  si fidano dell’umanità. 
“Bella l’Italia!” 
È lo slogan che campeggiava all’assemblea nazionale del PD. Ne riparleremo ma è stata l’avvio di una fase 2.0. Senza pianificazione che dia l’idea di una visione, la politica si riduce a polemiche tra schieramenti. 
Ricorre proprio quest’anno il sessantesimo del “Piano Vanoni” che prefigurò il percorso di rinascita del Paese. Rese partecipi i cittadini con una concezione delle tasse secondo cui “il contribuente non è imputato: è il cittadino che deve compiere il suo dovere”. E così l’Italia fu ricostruita e divenne la “bella Italia”. (m.g.)

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