RESISTENZA
RESA
RESILIENZA
Martinazzoli,
in un momento difficile per la politica (fatte le debite differenze
con oggi) ricordò al partito popolare italiano (PPI) di cui era
segretario, la lezione di Bonhoeffer “resa e resistenza”: basta
il titolo per capire il messaggio del teologo tedesco, vittima dei
nazisti, cui aveva resistito e per questo morto nel campo di
Flossenbürg.
Il contesto in cui stanno emergendo le nuove classi
dirigenti ci chiede di riflettere sulle nostre possibilità di
resistere. Dopo il 4 marzo si sono alleate, con un contratto, forze
politiche che sarebbero incompatibili. Ma è successo.
Gli alleati
vorranno resistere, ma i primi atti formali del governo hanno visto
un vice premier altrove invece di stare al Consiglio dei Ministri per
votare il decreto ‘Dignità‘; Salvini acconsente a Di Maio purché
questo gli lasci fare su immigrazione e sicurezza... Gli Italiani,
allora, vengono dopo gli interessi di parte. Il governo non deve fare
campagne elettorali per tutto il mandato ma governare, appunto, il
Paese, cioè rispondere ai bisogni dei cittadini.
La
resistenza a chi la chiediamo? Ai cittadini italiani e alle
opposizioni. Poniamo una domandona al PD.
Sarebbe
stato tanto difficile, senza essere sovranisti, affrontare con più
attenzione e coerenza il fenomeno migratorio e insieme la costruzione
di un percorso verso l’Europa più coesa?
Anche
se le prossime elezioni saranno europee, si riconquista il consenso
dei cittadini partendo dalla quotidianità del loro vivere,
liberandoli dalle paure (immigrati, mancanza di lavoro, pensione,
paura di non potersi curare), perciò al Congresso il Pd deve portare
le tesi che possono innervare la campagna elettorale.
Si
ricomincia dal popolarismo, che è la negazione del populismo. Per il
primo il popolo è soggetto, per il secondo è un mezzo per
raccogliere consenso sollecitando i sentimenti di rancore verso
l’establishment che, per altro, è rappresentato dagli stessi
populisti!
Invece
la politica è ascolto paziente e umile del popolo, nelle sue
articolazioni: associazioni, organizzazioni, sindacati. Sono le
antenne di vita vissuta che la politica deve sintetizzare e
interpretare. Sarà una rappresentanza mediata, perché è
impossibile la risposta personalizzata ma, della politica popolare,
il profilo è un certo interclassismo. Il momento del governo è il
‘Centro ‘ per definizione, perché deve cedere la propaganda per
passare alla moderazione, che non è moderatismo (Martinazzoli: la
moderazione sta al moderatismo come l’impotenza sta alla castità).
L’Assemblea
del PD di sabato 7 luglio è solo servita a confermare Martina nel
ruolo di Segretario di transizione fino al Congresso. Ma gli
interventi non erano quelli utili a indicare tattica, strategia,
programmi, organizzazione e personale.
Molti
delegati e lo stesso Martina hanno invocato un cambio di passo e un
partito aperto al nuovo che c’è nella società, che deve essere
analizzato dietro la filigrana dei voti persi il 4 marzo. Chi ci ha
lasciato? In che territori e quali dirigenti, quale personale
politico, quali iniziative sui territori.
Tanta
amarezza per le ingiuste reciproche recriminazioni. Si vince e si
perde tutti insieme. I cittadini scelgono un Partito nel quali si
sentono più o meno rappresentati, non una corrente interna, anzi
questa può essere il grimaldello per far franare l’intero
impianto. Adesso è tempo di agire sia per preparare il Congresso che
per attrezzare il Partito per le elezioni europee. La posta è molto
ma molto importante: riguarda il destino delle nuove generazioni e
dello sviluppo dell’Italia nonché il suo ruolo nel mondo. Perciò
con umiltà e pazienza si ricomincia da capo.
Rivedere
le carte fondative del PD; evitare però le primarie che porteranno a
divisioni personalistiche; preparare un “governo ombra”
particolarmente indispensabile in questo frangente, per poter fare
opposizione costruttiva al “governo del cambiamento“ con
riconoscibilità nella proposta alternativa, in modo visibile nelle
aule del Parlamento.
Al
‘Governo in chiaro’ risponde con proposte e non parlando sulla
voce degli altri, perché serve solo a dare più enfasi alla loro
tribuna.
La
passata legislatura non si percepivano i dirigenti di settore e
veniva meno quella consultazione continuativa con gli organismi
associativi e quei corpi intermedi che, per l’appunto
“intermediano” gli interessi generali: li rappresentano certo con
la loro parzialità specifica e tocca poi alla politica farne
sintesi. La politica buona - ma soprattutto l’attività di governo
- si propone di avvicinarsi il più possibile al bene comune,
all’interesse generale, la “sommatoria dei disinteressi”.
Quasi
un indice:
1.
Diseguaglianze: la solidarietà, valore costituzionale e perciò i
cittadini devono sentirla sulla loro pelle non in conflitto con le
ragioni umanitarie verso gli immigrati. Il governo può interloquire
coi Paesi d’origine dei migranti attraverso gli organismi umanitari
internazionali (Croce Rossa,
Mezzaluna
Rossa, Unicef, UNHCR, ecc.) con programmi di identificazione e di
aiuto, nonché di controllo dei diritti umani “a casa loro”. È
inutile raccontare i numeri e rassicurare che non si tratta di una
invasione, se la percezione o il convincimento dei più non è
vincibile.
E’
stato detto che: “una civiltà che si dimostri incapace di
risolvere i problemi che produce il suo stesso funzionamento è una
civiltà in decadenza” (Aimé Césaire). I portatori della guerra,
i venditori delle armi nei Paesi dai quali provengono tanti disperati
sono gli stessi che non vogliono vederli attraversare i propri
confini.
2.
La politica estera, soprattutto, collegata a quella europea è
fondamentale anche per la politica interna. Mai come oggi in cui i
sovranisti di tutto il mondo si uniscono capeggiati da Trump che
interpreta una politica ‘contronatura’ per la storia americana.
Si coordina con Putin (e questo coi Visegrad) per indebolire il cuore
della Europa e far fallire il percorso verso un grande paese
concorrenziale.
Inaccettabile
per i due imperi che nascano gli Stati Uniti d’Europa! Viva Macron!
Vorrei vedere i governanti italiani desiderosi di passare alla storia
come realizzatori di un sogno nato per unire i popoli (che si erano
combattuti in guerra).
3.
Mondializzazione: il governo deve partecipare alle agende 2020 (UE) e
2030 (Onu). I Goal del millennio armonizzano le politiche
internazionali e guidano le priorità nazionali per uno sviluppo
sostenibile.
4.
Ambiente: azioni in Italia e partecipazione agli obiettivi del
Millennio per avere Città’ e acque pulite.
5.
Digitalizzazione: modernizzazione Paese, riduzione burocrazia
passiva, eliminazione legge Bassanini, che impedisce l’unica
fedeltà alle istituzioni invece che ai nominati col ‘Cencelli’,
con lo spoil system.
6.
Lavori e non lavoro: studiare il futuro e indagare le innovazioni ma
studiare le garanzie per assicurare la vita dignitosa in età
pensionabile. Servono i voucher per brevi lavori, perché assicurano
il lavoratore ed evitano lo sfruttamento da lavoro nero!
7.
Valorizzare la natalità con interventi a favore delle famiglie
introducendo il quoziente familiare.
8.
Integrazione dei servizi socio sanitari a guida di un Ministero della
sicurezza sociale (riunite le competenze dei Ministeri Salute,
Lavoro, Interni).
9.
Forte impegno etico: non deve servire Cantone, perché il Partito sceglie
persone non corrotte e non corrompibili.
Anche
per il PD “Prima gli Italiani“ significa anche non mettere le
mani in tasca agli Italiani per nazionalizzare Alitalia, Ilva, ecc.
ed anzi combattere evasione ed elusione.
Serve
ancora una ‘Sinistra’ (non quella strutturata ideologicamente ma
come scelta di campo): “Se la giustizia scompare, non ha alcun
valore che gli uomini vivano sulla terra” (E. Kant).
"Quando
i capi del popolo, quando la classe dirigente è smarrita, tutta la
città è in pericolo. Quando non sanno che cosa fare, i sudditi si
disperano, in verità nessuno ha una soluzione, nessuna proposta
incontra consenso sufficiente. La città, o il paese, o la comunità
è tutta in pericolo. Quando la classe dirigente non sa indicare una
direzione, il popolo si disperde in tutte le direzioni, si frantuma
in interessi contrastanti, si logora in contenziosi interminabili, in
contrapposizioni irrimediabili (...) il popolo è pronto alla resa,
ad adorare l’unico signore della terra, pur di aver salva la vita.
Non so se nel frattempo sia cambiato il nome dell’unico signore di
tutta la terra. Forse oggi si chiama Narciso, capriccio o profitto,
denaro o mercato” (M. Delpini, Arcivescovo di Milano).
La
resilienza comincia dall’orgoglio di essere italiani ed europei e
di far rivivere, attualizzandoli, i valori etici e civili che hanno
fondato la Repubblica.
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