lunedì 16 luglio 2018

MIX Newsletter / Luglio 2018 / Editoriale


RESISTENZA
RESA
RESILIENZA

Martinazzoli, in un momento difficile per la politica (fatte le debite differenze con oggi) ricordò al partito popolare italiano (PPI) di cui era segretario, la lezione di Bonhoeffer “resa e resistenza”: basta il titolo per capire il messaggio del teologo tedesco, vittima dei nazisti, cui aveva resistito e per questo morto nel campo di Flossenbürg. 
Il contesto in cui stanno emergendo le nuove classi dirigenti ci chiede di riflettere sulle nostre possibilità di resistere. Dopo il 4 marzo si sono alleate, con un contratto, forze politiche che sarebbero incompatibili. Ma è successo. 
Gli alleati vorranno resistere, ma i primi atti formali del governo hanno visto un vice premier altrove invece di stare al Consiglio dei Ministri per votare il decreto ‘Dignità‘; Salvini acconsente a Di Maio purché questo gli lasci fare su immigrazione e sicurezza... Gli Italiani, allora, vengono dopo gli interessi di parte. Il governo non deve fare campagne elettorali per tutto il mandato ma governare, appunto, il Paese, cioè rispondere ai bisogni dei cittadini.
La resistenza a chi la chiediamo? Ai cittadini italiani e alle opposizioni. Poniamo una domandona al PD.
Sarebbe stato tanto difficile, senza essere sovranisti, affrontare con più attenzione e coerenza il fenomeno migratorio e insieme la costruzione di un percorso verso l’Europa più coesa?
Anche se le prossime elezioni saranno europee, si riconquista il consenso dei cittadini partendo dalla quotidianità del loro vivere, liberandoli dalle paure (immigrati, mancanza di lavoro, pensione, paura di non potersi curare), perciò al Congresso il Pd deve portare le tesi che possono innervare la campagna elettorale.
Si ricomincia dal popolarismo, che è la negazione del populismo. Per il primo il popolo è soggetto, per il secondo è un mezzo per raccogliere consenso sollecitando i sentimenti di rancore verso l’establishment che, per altro, è rappresentato dagli stessi populisti!
Invece la politica è ascolto paziente e umile del popolo, nelle sue articolazioni: associazioni, organizzazioni, sindacati. Sono le antenne di vita vissuta che la politica deve sintetizzare e interpretare. Sarà una rappresentanza mediata, perché è impossibile la risposta personalizzata ma, della politica popolare, il profilo è un certo interclassismo. Il momento del governo è il ‘Centro ‘ per definizione, perché deve cedere la propaganda per passare alla moderazione, che non è moderatismo (Martinazzoli: la moderazione sta al moderatismo come l’impotenza sta alla castità).
L’Assemblea del PD di sabato 7 luglio è solo servita a confermare Martina nel ruolo di Segretario di transizione fino al Congresso. Ma gli interventi non erano quelli utili a indicare tattica, strategia, programmi, organizzazione e personale.
Molti delegati e lo stesso Martina hanno invocato un cambio di passo e un partito aperto al nuovo che c’è nella società, che deve essere analizzato dietro la filigrana dei voti persi il 4 marzo. Chi ci ha lasciato? In che territori e quali dirigenti, quale personale politico, quali iniziative sui territori.
Tanta amarezza per le ingiuste reciproche recriminazioni. Si vince e si perde tutti insieme. I cittadini scelgono un Partito nel quali si sentono più o meno rappresentati, non una corrente interna, anzi questa può essere il grimaldello per far franare l’intero impianto. Adesso è tempo di agire sia per preparare il Congresso che per attrezzare il Partito per le elezioni europee. La posta è molto ma molto importante: riguarda il destino delle nuove generazioni e dello sviluppo dell’Italia nonché il suo ruolo nel mondo. Perciò con umiltà e pazienza si ricomincia da capo.
Rivedere le carte fondative del PD; evitare però le primarie che porteranno a divisioni personalistiche; preparare un “governo ombra” particolarmente indispensabile in questo frangente, per poter fare opposizione costruttiva al “governo del cambiamento“ con riconoscibilità nella proposta alternativa, in modo visibile nelle aule del Parlamento.
Al ‘Governo in chiaro’ risponde con proposte e non parlando sulla voce degli altri, perché serve solo a dare più enfasi alla loro tribuna.
La passata legislatura non si percepivano i dirigenti di settore e veniva meno quella consultazione continuativa con gli organismi associativi e quei corpi intermedi che, per l’appunto “intermediano” gli interessi generali: li rappresentano certo con la loro parzialità specifica e tocca poi alla politica farne sintesi. La politica buona - ma soprattutto l’attività di governo - si propone di avvicinarsi il più possibile al bene comune, all’interesse generale, la “sommatoria dei disinteressi”.

Quasi un indice:

1. Diseguaglianze: la solidarietà, valore costituzionale e perciò i cittadini devono sentirla sulla loro pelle non in conflitto con le ragioni umanitarie verso gli immigrati. Il governo può interloquire coi Paesi d’origine dei migranti attraverso gli organismi umanitari internazionali (Croce Rossa,
Mezzaluna Rossa, Unicef, UNHCR, ecc.) con programmi di identificazione e di aiuto, nonché di controllo dei diritti umani “a casa loro”. È inutile raccontare i numeri e rassicurare che non si tratta di una invasione, se la percezione o il convincimento dei più non è vincibile.
E’ stato detto che: “una civiltà che si dimostri incapace di risolvere i problemi che produce il suo stesso funzionamento è una civiltà in decadenza” (Aimé Césaire). I portatori della guerra, i venditori delle armi nei Paesi dai quali provengono tanti disperati sono gli stessi che non vogliono vederli attraversare i propri confini.

2. La politica estera, soprattutto, collegata a quella europea è fondamentale anche per la politica interna. Mai come oggi in cui i sovranisti di tutto il mondo si uniscono capeggiati da Trump che interpreta una politica ‘contronatura’ per la storia americana. Si coordina con Putin (e questo coi Visegrad) per indebolire il cuore della Europa e far fallire il percorso verso un grande paese concorrenziale.
Inaccettabile per i due imperi che nascano gli Stati Uniti d’Europa! Viva Macron! Vorrei vedere i governanti italiani desiderosi di passare alla storia come realizzatori di un sogno nato per unire i popoli (che si erano combattuti in guerra).

3. Mondializzazione: il governo deve partecipare alle agende 2020 (UE) e 2030 (Onu). I Goal del millennio armonizzano le politiche internazionali e guidano le priorità nazionali per uno sviluppo sostenibile.

4. Ambiente: azioni in Italia e partecipazione agli obiettivi del Millennio per avere Città’ e acque pulite.

5. Digitalizzazione: modernizzazione Paese, riduzione burocrazia passiva, eliminazione legge Bassanini, che impedisce l’unica fedeltà alle istituzioni invece che ai nominati col ‘Cencelli’, con lo spoil system.

6. Lavori e non lavoro: studiare il futuro e indagare le innovazioni ma studiare le garanzie per assicurare la vita dignitosa in età pensionabile. Servono i voucher per brevi lavori, perché assicurano il lavoratore ed evitano lo sfruttamento da lavoro nero!

7. Valorizzare la natalità con interventi a favore delle famiglie introducendo il quoziente familiare.

8. Integrazione dei servizi socio sanitari a guida di un Ministero della sicurezza sociale (riunite le competenze dei Ministeri Salute, Lavoro, Interni).

9. Forte impegno etico: non deve servire Cantone, perché il Partito sceglie persone non corrotte e non corrompibili.
Anche per il PD “Prima gli Italiani“ significa anche non mettere le mani in tasca agli Italiani per nazionalizzare Alitalia, Ilva, ecc. ed anzi combattere evasione ed elusione.

Serve ancora una ‘Sinistra’ (non quella strutturata ideologicamente ma come scelta di campo): “Se la giustizia scompare, non ha alcun valore che gli uomini vivano sulla terra” (E. Kant).
"Quando i capi del popolo, quando la classe dirigente è smarrita, tutta la città è in pericolo. Quando non sanno che cosa fare, i sudditi si disperano, in verità nessuno ha una soluzione, nessuna proposta incontra consenso sufficiente. La città, o il paese, o la comunità è tutta in pericolo. Quando la classe dirigente non sa indicare una direzione, il popolo si disperde in tutte le direzioni, si frantuma in interessi contrastanti, si logora in contenziosi interminabili, in contrapposizioni irrimediabili (...) il popolo è pronto alla resa, ad adorare l’unico signore della terra, pur di aver salva la vita. Non so se nel frattempo sia cambiato il nome dell’unico signore di tutta la terra. Forse oggi si chiama Narciso, capriccio o profitto, denaro o mercato” (M. Delpini, Arcivescovo di Milano).

La resilienza comincia dall’orgoglio di essere italiani ed europei e di far rivivere, attualizzandoli, i valori etici e civili che hanno fondato la Repubblica.

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